Si mette male per Autostrade per l’Italia S.p.A., nata originariamente come società di proprietà pubblica facente capo all’IRI, privatizzata nel 1999 e poi costituita nella forma attuale nel 2003. La revoca della concessione è sempre più vicina. Da un anno e mezzo, in seguito alla tragedia del Ponte Morandi, continua a chiederla il Movimento 5 stelle.
“Si va verso la revoca delle concessioni autostradali – dice il capo politico M5s Luigi Di Maio a Radio Anch’io – bisogna togliere a questi signori la concessione il prima possibile dopo che hanno preso i nostri soldi per i pedaggi senza fare la manutenzione delle strutture”. “Un’evidenza fattuale che non hanno fatto quello che dovevano fare”, ribadisce il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, su altra emittente (RadioCapital), ipotizzando diversi modelli possibili di concessione autostradale, d esempio quello di Autovie Venete, “un modello virtuoso” gestito “al 100% in house”. “Non l’affidamento però di “tutta la gestione di 3.000 chilometri ad un unico soggetto”, aggiunge, indicando come possibile soluzione quella di modelli “infraregionali”.
Ma la novità, dopo le accuse del procuratore di Genova sugli «omessi controlli come filosofia generale» di Aspi, è che anche il Pd pensa che la revoca della concessione sia, alla fine, la soluzione principale.
Il premier Giuseppe Conte, che si è riservato l’ultima parola, assicura che “Stiamo andando avanti”. Impressionato però dalle parole del pm ligure: “Reiterata sottovalutazione dei pericoli”. Un’accusa pesante, che non può non rievocare alla memoria la strage sul ponte Morandi, con quei 43 morti alla vigilia di Ferragosto. L‘altra via esplorata dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è quella della “compensazione”. Proprio l’altro ieri la ministra Paola De Micheli (Pd) ha incontrato il nuovo amministratore delegato dell’azienda in mano ai Benetton, Roberto Tomasi. Si è discusso dell’emergenza per i due viadotti della A26, ma non solo. Sui “tutti i viadotti i viadotti della rete autostradale gestita da noi” Tomasi mette la mano sul fuoco: “Sono sicuri, lo garantisco, ma reagiremo a ogni segnalazione di criticità”. E contesta le dichiarazioni rese dall’ex capo delle manutenzioni di Autostrade (Michele Donferri Mitelli che dice in un verbale: “Se un ponte ha coefficiente di rischio 60 è compromessa la capacità statica, a 70 può crollare” e denuncia che 8 viadotti gestiti dalla società in quota Benetton, secondo i “loro” report, variano fra 60 e 70, ndr) che “non trovano riscontro nei nostri manuali”. In merito poi a “toglierci le concessioni”, dice, “sarebbe incomprensibile per il patrimonio che rappresentiamo in questo Paese, ma ragioniamo su aspetti tecnici”. Sul crollo del Morandi ammette, però, che “era un’opera sotto il nostro controllo, non ha giustificazione”.
Quindi, nulla da dire sul fatto che “gli italiani vadano compensati”. Anche perché ormai sappiamo che i sensori del ponte erano stati esclusi dal 2015 e che quindi lo stato reale della struttura non era calcolabile.
I danni alle persone, alle cose e la ricostruzione del ponte di Genova marciano su un binario già tracciato. Ma Autostrade per l’Italia deve farsi carico di un “risarcimento” non simbolico nei confronti del Paese. Come può farlo? Bloccando o abbassando le tariffe e prevedendo la gratuità della percorrenza su alcuni tratti delle rete oggi gestiti a pagamento.
II problema, però, è evitare di infilarsi in una battaglia legale persa in partenza, perché il rischio di un ricorso di Aspi è notevole. La società intanto ha rifiutato la compensazione con un deciso ‘no’ alla riduzione delle tariffe o alla gratuità di alcuni tratti oggi a pagamento.
B.A.
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