Tredici milioni e mezzo di anziani su una popolazione di poco piu di 60 milioni di persone. Eta’ media attuale 43,9. Ogni giorno il numero dei morti sovrasta quello dei nuovi nati fino a creare nell’anno un dislivello di quasi 7 mila unita’. Se continua questo trend, nel 2030 gli over 65 costituiranno il 26,5 % dell’intera popolazione italiana.
C’ e’, dunque, di che preoccuparsi dal momento in cui e’ anche raddoppiato in dieci anni il numero dei centenari e il Bel Paese e’ ringiovanito solo grazie alla presenza dei cittadini immigrati. Dalle rilevazioni e dalle analisi dall’Inps emerge poi il quadro di una Italia in forte difficolta’ economica e sociale, con un aumento, dal 2008 ad oggi, di quasi un milione di disoccupati e la conseguente crescita delle prestazioni di natura assistenziale prive di base contributiva, quindi a totale carico dello Stato.
In una Italia che invecchia e si e’ progressivamente impoverita, dove il welfare pubblico riesce ad erogare sempre meno servizi, diventa quantomai necessario rimboccarsi le maniche e trovare soluzioni alternative. A cominciare dalla possibilita’ per gli anziani non del tutto autosufficienti – al momento e’ stato stimato siano circa 10 milioni i pensionati, e non, non piu’ in grado di svolgere tutti gli atti della vita quotidiana da soli – di usufruire della prestazioni di una badante ‘condominiale’.
L’assistenza agli anziani cambia volto con Il ‘Welfare di condominio’ che prevede personale in grado di assistere, con costi ridotti, due o più anziani che abitano nello stesso stabile, cohousing per condividere abitazioni diventate troppo grandi e costose per una persona sola, portieri sociali, case comuni e care manager: di queste proposte hanno discusso gli esperti riuniti al Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg) a Napoli. Sono progetti già sperimentati con successo in 7 Regioni.
“Nel nostro Paese sono circa 6 milioni gli anziani autonomi, circa 4 mln gli over 65 con lievi difficoltà e quasi 3 milioni e mezzo i malati cronici non autosufficienti. Di questi – spiega Nicola Ferrara, presidente Sigg – appena il 2% è ricoverato in strutture sanitarie e il 5% è seguito con cure domiciliari. L’aumento dell’aspettativa di vita e la contrazione delle disponibilità economiche del Ssn hanno reso necessario non solo ridurre il numero e la durata dei ricoveri ospedalieri, e dei servizi socio-sanitari a partire dalle Rsa, già poco diffuse nel nostro Paese, ma anche sperimentare strumenti innovativi che si inseriscono all’interno di un microwelfare ‘fai da te’, volto a promuovere l’invecchiamento fra le mura domestiche”. Un welfare fatto in casa.
“Si stima ancora – ricorda Ferrara – almeno un 20% di degenze improprie che nella maggioranza dei casi derivano dall’incapacità di rispondere a bisogni di anziani rimasti soli che non riescono a compiere piccole azioni quotidiane, ma non possono permettersi un aiuto neanche saltuario”.
“Uno stato sociale che scricchiola, le esigenze socio-assistenziali degli anziani autonomi o con lievi difficoltà da una parte e le loro condizioni abitative dall’altra – osserva Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva – ci hanno portato a interrogarci su come migliorare l’assistenza elaborando un’idea di vecchiaia in cui la casa e il condominio possono rappresentare un luogo privilegiato dove misurare soluzioni per un invecchiamento attivo”.
Per questo in varie regioni sono stati già sperimentati modelli assistenziali ‘leggeri’. La badante di condominio è un progetto partito con successo dall’Emilia Romagna che si sta diffondendo in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia e Basilicata, che permette all’anziano di utilizzare la badante per il tempo necessario. Lo stesso principio viene applicato nel progetto ‘Pronto badante’, in sperimentazione da 6 mesi in Toscana: attraverso un numero verde interviene entro 48 ore a casa dell’anziano, un ‘tutore’ quando si manifestano per la prima volta situazioni di disagio o di fragilità.
“Anche portieri e custodi sociali che tengono sotto controllo le esigenze degli anziani e monitorano il loro livello di salute e sono una vera e propria ‘antenna’ del medico di famiglia – afferma Giuseppe Paolisso, past-president Sigg e rettore della Seconda Università di Napoli – possono essere una strada per rispondere ai bisogni di anziani che vivono da soli, così come il cohousing o il silverhousing ovvero la coabitazione con persone, esempio studenti ma anche pensionati, per allontanare la solitudine e risparmiare. Una scelta che, senza speciali incentivi, dal 2001 al 2015 è cresciuta di quasi il 200%”.
Del resto, l’80% degli anziani, circa dieci milioni, ha una casa di proprietà, nel 35% dei casi ci vive da solo. Si tratta di appartamenti che nel 65% dei casi hanno più di quattro stanze, in maggioranza vecchi anche se in buone condizioni ma nel 76% dei casi prive di ascensore, un problema che può incidere pesantemente sulla qualità di vita e sui bisogni dell’anziano.
“Si fanno poi sempre più spesso esperienze di case comuni, ovvero palazzi in cui alcune aree di servizio come le lavanderie e le cucine sono messe in comune, per conciliare le esigenze di privacy con la condivisione delle necessità della vita quotidiana – conclude Ferrara – Tutte queste iniziative mirano a rispondere in maniera efficace ai nuovi bisogni di una popolazione che invecchia, senza disperdere risorse in interventi inappropriati e con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali e sanitarie”.
A.B.
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