Mala tempora currunt per lupi, streghe, orchi, matrigne cattive, giganti. La potente lobby americana delle armi, la National Rifle Association, ha deciso di finanziare la riscrittura delle favole classiche “armando” i personaggi protagonisti con fucili, lupare, revolver, mitragliette e quant’altro.
La scrittrice per l’infanzia, Amelia Hamilton, forse attratta anche dai lauti compensi, ha cominciato con due delle favole più conosciute a mondo: Cappuccetto Rosso ed Hansel e Gretel. Guadagni a parte, la Hamilton lo fa anche con convinzione pedagogica: i bambini devono imparare a difendersi, anche se solo nell’immaginario. L’incosciente ragazzina che s’inoltra nel bosco ha un’arma nel cestino e la nonna una lupara sotto al letto. Hansel e Gretel, i due mitici ragazzini allontanati crudelmente dal villaggio, sono armati di revolver. La strega che li attira nella casetta fatta di marzapane, vorrebbe mangiarseli dopo averli cucinati nel pentolone. Lupo e strega fanno bruttissima fine. Quella che meritano.
Tutto ciò non è che l’inizio. La riscrittura continuerà perché pare che il racconto della nonna con la lupara abbia riscosso un grande successo. Le ipotesi sulle armi da mettere in mano a Biancaneve, Cenerentola, Peter Pan, Alice nel Paese delle Meraviglie sono tra le più disparate e le più fantasiose. Lo scenario è inquietante, inutile negarlo.
Ci sono interessi economici dietro questa iniziativa. Dopo tanti drammatici fatti di cronaca che hanno insanguinato l’America, il pericolo che si voglia regolamentare in senso restrittivo l’acquisto delle armi da parte dei comuni cittadini, giovani o vecchi che siano, esiste eccome.
La Nra, per attirare consensi alla sua causa, non si lascia scappare l’intento pedagogico: armarsi fino ai denti è necessario, visto che a insanguinare il mondo, oltre ai delinquenti, ai balordi, ai genitori psicopatici ci si è messo anche il terrorismo islamico.
Ammettiamolo, non è la prima volta che si tenta di riscrivere le favole. Uno splendido sceneggiato americano, “The Whispers”, che vanta tra i produttori esecutivi Steven Spielberg, porta avanti un tema di grande attualità, sebbene si tratti di uno sci-fi, scientific fiction. Se vuoi distruggere l’Umanità, manipola i bambini, questa la morale. Come dargli torto?
E’ dalle prime emozioni, dalle prime fantasie, dai primi desideri che bisogna intervenire per impossessarsi dell’essere umano secondo i propri fini, declamando una filosofia che si ammanta di filantropismo.
I bambini rappresentano il mondo di domani, con gli adulti, ormai c’è poco da fare, sono ancorati a modelli di vita di cui difficilmente si libereranno.
Non importa se si distrugge l’essere umano, l’antropologia millenaria che dalla notte dei tempi sostiene il mito, produce archetipi narrativi per celebrare le tappe dell’esistenza con tutta la bellezza, la saggezza che aiutano a vivere, che rendono degna una vita di essere vissuta. Non importa perché è il concetto di essere umano che non deve esistere più. L’Humanitas, quella che si raggiunge con l’apporto di una sana educazione? Questione superata.
Ma quando si perde il senso della verità, subentrano le teorie, gli slogan che hanno solo un modo per imporsi, non certo il Logos, la parola e la ragione, ma la violenza. In nome della libertà, dell’emancipazione, naturalmente.
Le favole avviliscono il ruolo della donna: basta con le principesse dipendenti dal principe azzurro! Le favole stigmatizzano la sessualità secondo una vecchia, retriva nonché discriminante asserzione che esiste il maschile e il femminile. Le favole creano individui inermi, incapaci di difendersi, inclini a subire la violenza. Riscriviamole dunque!
Biancaneve con un mitra eliminerà per sempre l’intralcio della matrigna cattiva che non ci sta a passare, in quanto a bellezza, in secondo piano. Bella, armata fino ai denti, non sarà costretta a subire le angherie della Bestia. Che importanza ha se le storie archetipiche sono racconti di iniziazione, che celebrano il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta? Apertura all’amore, alla sessualità, alla conoscenza del bene e del male. Tutte queste fesserie non saranno più necessarie, con un kalashnikov in mano.
Valutiamo i danni possibili di una simile iniziativa.
La fiaba non nega l’esistenza del male (angoscia, paura, sofferenza, perdita) ma è attraverso il simbolismo che, articolandosi di immagini ben definite, ne raffigura il superamento. È quanto accade nella formazione dei sogni: essi non sono mai così definiti e certi, ma è attraverso il lavoro di condensazione e spostamento che – dopo una precisa elaborazione – i contenuti prendono forma e significato. Stravolgendo questo procedimento culturale, attraverso le fiabe armate non si fa altro che impedire la sublimazione dei contenuti aggressivi.
Per quanto riguarda la pulsione di morte e l’ aggressività, armare i personaggi delle favole appare un metodo inadeguato ad affrontare le sfide della vita, se questo viene considerato l’unico modo esistente. Non c’è elaborazione, non c’è consapevolezza della condizione dolorosa. C’è solo il rimedio agito e non pensato.