Ricordate la storia dell’uccisione di Osama bin Laden nel 2011? Il nascondiglio “segretissimo” ad Abbottabad, in Pakistan, la scoperta fatta dalla CIA dopo una minuziosa ricerca partita pedinando un ignaro corriere, l’intervento dei Navy SEALs, l’ultimo conflitto a fuoco, la morte dello sceicco del terrore, il corpo sepolto in mare per non fare della sua tomba una meta di pellegrinaggi?
Fareste bene a dimenticarla: sono tutte balle. È quanto sostiene, in un lungo articolo sulla London Review of Books, il giornalista statunitense Seymour M. Hersh.
Le prime contestazioni della versione ufficiale si erano sparse in tutto il mondo già pochi minuti dopo l’annuncio della morte del terrorista più ricercato del mondo. È normale, se si pensa che a tutt’oggi l’unica versione della storia è stata raccontata dai suoi protagonisti. Ma quest’ultima contestazione ha qualcosa che la rende eccezionale: non viene da un visionario paranoico, ma da un campione del giornalismo di denuncia.
Nel 1970, in piena guerra del Vietnam, Seymour Hersh vinse il premio Pulitzer per aver smascherato il massacro di civili compiuto dai marines a My Lai. È stato anche uno dei primi a svelare al mondo le torture fisiche e psicologiche cui gli americani sottoponevano i prigionieri iracheni nel carcere di Abu Ghraib, nel 2004.
Secondo la sua ricostruzione, bin Laden fu venduto agli americani dai servizi segreti pakistani alla vigilia delle elezioni presidenziali che avrebbero riconfermato in carica Barack Obama, nel 2011.
Nello specifico, sarebbe stato un alto ufficiale pakistano a promettere il miliardario saudita all’ambasciatore americano a Islamabad, in cambio di aiuti militari al suo governo e dei 25 milioni di dollari della taglia.
Ad Abbottabad, nella provincia pakistana della Frontiera del nord-ovest (oggi Khyber Pakhtunkhwa), bin Laden viveva agli arresti domiciliari dal 2006, quando era stato consegnato alle autorità dagli stessi capitribù che lo coprivano durante la sua latitanza. L’ISI, una delle agenzie di intelligence pakistane, lo teneva sotto stretta sorveglianza dalla vicinissima base di Tarbela Ghazi.
Sarebbe stato il governo saudita a chiedere a Islamabad che non gli fosse torto un capello.
Prima di intervenire, la CIA ne avrebbe chiesto conferma ad Ashfaq Parvez Kayani, allora Capo di Stato maggiore, e al direttore dell’ISI, Ahmed Shuja Pasha. Sostenere che i due ne fossero all’oscuro, afferma Hersh, è “la bugia più clamorosa” nella versione di Washington.
I servizi segreti di Islamabad avrebbero quindi abbassato la guardia di proposito, per consentire alle forze speciali USA di intervenire in modo rapido e indolore.
Se non fosse stato per un incidente di elicottero in cui alcuni soldati rimasero feriti, a quanto sostiene il giornalista, la CIA avrebbe forse raccontato alla stampa che l’uomo più ricercato del mondo era stato ucciso da un drone. L’incidente cambiò le carte in tavola, costringendo il governo USA a riscrivere la versione ufficiale di sana pianta.
Hersh contesta poi la versione ufficiale sul comportamento di bin Laden nei suoi ultimi momenti: non ci sarebbe stato nessun conflitto a fuoco con le forze speciali USA, sostiene il premio Pulitzer, né mogli e figli usati come scudi umani, e sarebbe stato ucciso non con pochi colpi alla testa, ma con talmente tanti colpi che del suo corpo sarebbero rimasti pochi resti. Fuori discussione, a quel punto, anche l’esame post mortem del DNA – fornito secondo Hersh grazie al suo medico curante, Amir Aziz, un informatore della CIA – e la sepoltura in mare.
Falsi, infine, anche tutti o quasi tutti i documenti ritrovati ad Abbottabad, utili a provare che bin Laden avesse ancora un ruolo importante in al-Qaeda.
Sulla nuova ricostruzione e sul suo responsabile è piovuto un diluvio di critiche, ispirate soprattutto al principio per cui affermazioni colossali devono essere sostenute da prove colossali.
La CIA ha sbrigato la faccenda in poche parole, definendo le affermazioni di Hersh “assolutamente prive di senso”. Anche il portavoce della Casa bianca Ned Price si è preoccupato di ripetere con forza la versione ufficiale, secondo cui gli USA hanno eliminato bin Laden senza l’aiuto di nessun alleato.
Le “affermazioni infondate” contenute nell’articolo di Hersh, secondo quanto ha dichiarato Price, sono troppe per smentirle ad una ad una, ma il portavoce ha ribadito che solo pochi alti ufficiali dell’intelligence – e nessun governo straniero, men che meno quello pakistano – erano a conoscenza dell’operazione dei SEALs.
Altri, fra cui l’analista di sicurezza nazionale della CNN, Peter Bergen, hanno accusato Hersh di nascondersi dietro l’anonimato di una delle due fonti, un alto ufficiale della CIA ora in pensione, per attribuirle affermazioni su fatti che non avrebbe avuto modo di conoscere.
Filippo M. Ragusa
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