È il momento della verità: oggi il Regno Unito decide se rimanere o uscire dalla UE. Le urne del referendum sul Brexit resteranno aperte fino a stasera alle 22, quando in Italia saranno le 23. Gli elettori chiamati a votare sono circa 46,5 milioni.
“Il Regno Unito deve rimanere un membro dell’Unione Europea o uscire dall’Unione Europea?”. È questa la domanda stampata sulle schede, alla quale rispondere barrando la casella Leave, “uscire”, o Remain, “rimanere”.
Sull’affluenza alle urne potrebbe influire il maltempo che si è abbattuto negli ultimi giorni sull’arcipelago britannico, allagando cantine, strade e sottopassaggi. A Londra e nell’Essex, all’estremo sudest dell’Inghilterra, si prevede possa cadere in un giorno la pioggia che in media si vede in un mese. Solo nella capitale si sono registrati 300 interventi dei vigili del fuoco.
Fra i protagonisti della campagna referendaria, il primo a presentarsi ai seggi è stato il premier David Cameron con la moglie Samantha, stamattina alle nove. Cameron ha concluso la campagna elettorale ieri nell’Oxfordshire, tra i suoi elettori, ripetendo le sue parole d’ordine: la Gran Bretagna sarà “più forte, più prospera e più sicura in Europa”, una volta che le istituzioni UE saranno riformate. Nel frattempo il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker ha chiarito che non ci saranno nuovi negoziati fra Londra e Bruxelles: nelle trattative dello scorso febbraio, secondo il capo dell’esecutivo europeo, Cameron “ha ottenuto il massimo di quello che poteva avere, e noi abbiamo concesso il massimo di quello che potevamo dare”. Ma il punto d’equilibrio trovato concede al Regno Unito uno “statuto speciale” e un livello d’indipendenza dalle istituzioni comunitarie che non ha eguali nella UE.
Il conservatore Cameron, che ha dovuto organizzare il referendum per mantenere la promessa elettorale che gli ha permesso di essere riconfermato come premier, ha dovuto fare i conti con la “fronda” euroscettica all’interno del suo partito, guidata dall’istrionico ex sindaco di Londra Boris Johnson. Alla data del referendum è arrivato diviso anche il Partito laburista: il leader Jeremy Corbyn si è ben guardato dai riflettori, memore degli strali che da decenni lancia contro Bruxelles, e ha lasciato la ribalta progressista al sindaco di Londra in carica, Sadiq Khan, eletto da nemmeno due mesi. Ieri sera, a Wembley, proprio Khan e Johnson hanno capitanato le due squadre miste – conservatori e laburisti uniti, filo-UE contro euroscettici – che hanno dato vita all’ultimo dibattito della campagna referendaria trasmesso in diretta dalla BBC.
Il sindaco e l’ex sindaco – che secondo tanti commentatori sono in pole position per scalzare i due segretari dalla guida dei rispettivi partiti – non si sono risparmiati le accuse. Khan ha imputato a Johnson di sostenere la posizione di Nigel Farage, il leader dell’UKIP che ritiene responsabile di una “velenosa campagna sull’immigrazione”. “Noi non abbiamo niente a che vedere con quel signore e con gli slogan xenofobi”, ha ribattuto Johnson, che a sua volta ha sostenuto di celebrare il contributo degli immigrati alla società d’Oltremanica. È vero che lui e gli altri conservatori euroscettici, come il ministro della Giustizia Michael Gove, hanno preso le distanze da Farage, soprattutto dopo l’omicidio della deputata laburista Jo Cox. Ma questo non ha impedito loro di usare alcuni degli slogan coniati da lui, come quello sull’Independence Day del Regno Unito, che lo stesso Cameron aveva bollato come un’”assurdità”.
Intanto, oggi in Gran Bretagna si sono viste code insolitamente lunghe agli sportelli di diverse banche. A ritirare i propri soldi dai conti è soprattutto chi ha in programma vacanze all’estero, preoccupato per un effetto-Brexit sui tassi di cambio. Nel fine settimana, fa sapere il Post Office Travel Money, il volume dei cambi è aumentato del 74% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. A qualcuno la scena ha ricordato il 2007, quando la crisi di liquidità portò al fallimento la banca Northern Rock. Ma rispetto a nove anni fa lo scenario finanziario è diversissimo. Le banche si sono preparate all’evenienza con gli stress test più sofisticati, e il recupero del Remain sul Leave ha galvanizzato le Borse: Milano guadagna il 3%, Parigi e Londra il 2,30%, Tokyo ha chiuso a +1,07%.
Ancora più dei sondaggi, a diffondere previsioni favorevoli all’Europa sono stati i bookmaker. Citando Betfair, un colosso delle scommesse online, oggi il sito del Financial Times ha scritto che 84 scommettitori britannici su 100 hanno puntato sul Remain. Le percentuali variano di ora in ora, perché il volume delle scommesse aumenta esponenzialmente man mano che si avvicina la chiusura delle urne, ma la tendenza registrata dagli allibratori è netta.
I colossi della statistica si sbilanciano meno. Secondo YouGov il Remain ha due punti di vantaggio sul Leave, 51% contro 49%, mentre Ipsos-Mori dà i filo-UE al 52% contro 48%. Anche Comres accredita un certo vantaggio al Remain, mentre Opinium e TNS vedono in lieve vantaggio i pro-Brexit.
F.M.R.
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