CASO SANTANCHE’, RESPINTA MOZIONE SFIDUCIA

Santanchè si difende in Aula: "No a ergastolo mediatico". E apre alle dimissioni.

“Sono l’emblema di ciò che detestate, combattete la ricchezza”. Anche ieri è stata messa in onda, alla Camera dei Deputati, una brutta rappresentazione di quello che succede in Aula ogni volta che l’opposizione chiama in causa il Governo. Dopo i ministri Nordio e Pientedosi ieri è toccato alla senatrice, ora ministro del Turismo, Daniela Santanché che ha cercato di far valere le proprie ragioni contro la richiesta di dimissioni presentata dal Movimento 5 Stelle e sottoscritta dal Pd e da AVS. È la terza volta che succede dall’inizio della legislatura.

I partiti che sostengono il governo Meloni hanno votato contro la sfiducia, mentre tutta l’opposizione ha votato a favore. In mattinata, la Camera ha iniziato anche la discussione di una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Carlo Nordio per il caso del carceriere libico Almasri. Al momento non è stato ancora stabilito quando quest’ultima mozione sarà votata dall’aula.

La mozione di sfiducia contro la ministra del Turismo è stata presentata in seguito al rinvio a giudizio del Tribunale di Milano per falso in bilancio nella gestione di Visibilia Editore, una società editrice che pubblica il settimanale Novella 2000: il processo per la Santanché inizierà il 20 marzo.

In precedenza, in questa legislatura il Parlamento aveva respinto altre due mozioni di sfiducia contro la ministra del Turismo, sempre riguardanti le inchieste di Santanché sul caso Visibilia. In entrambi i casi, le mozioni erano state presentate dal Movimento 5 Stelle ed erano poi state sottoscritte dal Partito Democratico e da Alleanza Verdi-Sinistra. La prima mozione era stata respinta il 26 luglio 2023 dall’aula del Senato, mentre la seconda è stata bocciata dalla Camera il 4 aprile 2024.

Prima del voto, la ministra del Turismo è intervenuta per difendersi dalle accuse dei partiti all’opposizione: «Sono consapevole che per voi rappresento il male assoluto: mi attaccate per le mie attività economiche e imprenditoriali prima che diventassi ministro, ma anche tra di voi ci sono persone che hanno il mio numero di cellulare e non hanno mancato in passato di contattarmi, con ben altri toni», ha detto Santanchè, affiancata inizialmente da una decina tra ministri e sottosegretari del governo. Tra questi c’erano il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani (Fratelli d’Italia), il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli (Lega) e la ministra delle Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia). Erano assenti invece i due vicepresidenti del Consiglio Antonio Tajani, leader di Forza Italia, e Matteo Salvini, leader della Lega, e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Al di là del caso di Santanchè, le mozioni di sfiducia non hanno praticamente mai avuto successo nella storia repubblicana. Di tutte quelle presentate finora, a partire dal 1984 quando venne utilizzata per la prima volta nei confronti del Ministro degli Esteri Giulio Andreotti per il coinvolgimento nel caso del faccendiere Michele Sindona, solo una  raccolse al Senato, nel 1995, i voti necessari per far dimettere l’allora ministro di Grazia e Giustizia Filippo Mancuso.

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