L’Italia di oggi è un Paese in attesa di una ripresa che continua ad essere annunciata dai media e dai politici ma stenta a vedersi. Dopo il “letargo esistenziale collettivo” ,che è stato necessario per passare questo lungo periodo di crisi risparmiando per quanto possibile energie e risorse e dal quale sembra avviata all’uscita, c’è ora la voglia di costruire e ricostruire su ‘quel che resta’.
Secondo il 49.mo Rapporto Censis 2015 sulla situazione sociale del Paese, presentato oggi a Roma, stiamo vivendo infatti in quella che viene definita proprio come la società del ‘resto’. Spiega il presidente del Centro Studi Investimenti Sociali Giuseppe De Rita, illustrando il rapporto a Villa Lubin, sede del Cnel, a Roma: “Il ‘resto’ ha segnato la storia dello sviluppo italiano degli ultimi cinquant’anni. Cosa resta oggi del grande processo di globalizzazione, vista come occidentalizzazione del mondo?”, si chiede.
Da qui parte la sua analisi sui ‘resti’: “Nella nostra storia, il ‘resto’ del mito della grande industria e dei settori avanzati è stata l’economia sommersa e lo sviluppo del lavoro autonomo. Il ‘resto’ del mito dell’organizzazione complessa del fordismo è stata la piccola impresa. Il ‘resto’ della lotta di classe nella grande fabbrica è stata la lunga deriva della cetomedizzazione. Il ‘resto’ dell’egemonia della classe dirigente è stata la fungaia dei soggetti intermedi”.
E ancora: “Il ‘resto’ del primato della metropoli è stato il localismo dei distretti e dei borghi. Il ‘resto’ della spensierata stagione del consumismo è stato il consumatore sobrio. Il ‘resto’ del primato delle ideologie è l’empirismo di una società che si evolve”.
Osservano i ricercatori guidati da De Rita che ‘quel che resta’ oggi è “una pericolosa povertà di interpretazione sistemica, di progettazione per il futuro, di disegni programmatici di medio periodo. Prevale una dinamica di opinione, messa in moto da quel che avviene giorno per giorno“.
Si registra, dunque, una “vittoria della pura cronaca, che inietta nella vita quotidiana il virus della sconnessione: lo si vede nella disarticolazione strutturale del nostro sistema”. A vincere sono “l’interesse particolare, il soggettivismo, l’egoismo individuale e non maturano valori collettivi e interessi comuni”. Così, “crescono le diseguaglianze, con una caduta della coesione sociale“.
Il Censis rileva però un “rilancio del primato della politica”, anche grazie a “un generoso impegno a ridare slancio alla dinamica economica e sociale del Paese, con un folto insieme di riforme di quadro e di settore e la messa in campo di interventi tesi a incentivare la propensione imprenditoriale e il coinvolgimento collettivo rispetto al consolidamento della ripresa”. C’è stata anche “la ricerca del consenso di opinione sulle politiche avviate, per innescare nella collettività una mobilitante tensione al cambiamento e una riscoperta di ottimismo”.
Tuttavia, tutto questo impegno “fatica a fomentare nel corpo sociale una reazione chimica”. Infatti, “l’elemento oggi più in crisi è la dialettica socio-politica: non si riesce a pensare un progetto generale di sviluppo del Paese“. Ecco allora che “la cultura collettiva finisce per restare appunto prigioniera della cronaca, degli scandali, delle corruzioni, delle spinte contraddittorie per fronteggiarli”.
Nella indifferenza del dibattito socio-politico, la “capacità inventiva” si traduce oggi in alcuni processi che il Censis considera “vincenti”: ovvero, “i giovani che vanno a lavorare all’estero o che tentano la strada delle ‘start up'” come anche “le famiglie che accrescono il proprio patrimonio e lo mettono a reddito, con l’enorme incremento, ad esempio, dei bed & breakfast”.
E ancora “le imprese che investono in innovazione e nella green economy” o “i territori che diventano ‘hub’ di relazionalità, come la Milano dell’Expo”; la “silenziosa integrazione degli stranieri nella nostra quotidianità” e “il nuovo Made in Italy che si va formando nell’intreccio tra successo gastronomico e filiera agroalimentare, in una integrazione crescente tra agricoltura e turismo, ambiente e cultura”.
Si compra su Internet e si condivide la macchina. Questi i nuovi stili di consumo individuati dal Censis nel proprio rapporto, secondo cui sono 15 milioni gli italiani che fanno acquisti sul web (2,7 milioni nell’ultimo anno hanno comprato prodotti alimentari in rete e l’home banking è praticato dal 46% degli utenti del web). Per muoversi, invece, sono sempre di più coloro che optano per il car sharing: il 4% degli italiani (circa 2 milioni) e la percentuale sale all’8,4% tra i giovani.
Cambia il look delle città ai “piani terra”, vale a dire nell’offerta commerciale dei negozi. Stando al rapporto del Censis, infatti, tra il 2009 e il 2015 sono crollati di oltre il 10% i ferramenta, le boutique, le librerie, le macellerie, mentre si è registrato un vero e proprio boom di take away (+37%), ma anche di ristoranti (15,5%), bar (+10%) e gelaterie-pasticcerie (+8%). Tre le ragioni: ridotto capitale necessario all’avvio di queste attività, pervasività del cibo nel nostro quotidiano, l’iniziativa di molti stranieri.
Per la prima volta dall’inizio della crisi la quota di famiglie italiane che nell’ultimo anno hanno aumentato la propria capacità di spesa risulta superiore a quella delle famiglie che l’hanno ridotta (25% contro 21%). Lo mette in evidenza il Censis, secondo cui “si tratta di un dato che segna una forte discontinuità con il recente passato”. Allo stesso tempo, però, sfiora il 20% del totale il numero delle famiglie che non riescono a coprire tutte le spese con il proprio reddito.
“Il fenomeno mediatico dell’anno è Papa Francesco”: lo rileva il Rapporto Censis riferendo che tra i punti di forza del cattolicesimo per il 77,9% dei residenti di Roma ha indicato proprio “il carisma di Bergoglio”.
Tutti guardano tv, web ancora su, giù carta stampata – Nel 2015 la televisione ha una quota di telespettatori vicina alla totalità della popolazione (il 96,7%). Ma aumenta l’abitudine a guardare la tv attraverso i nuovi device: +1,6% di utenza rispetto al 2013 per la web tv, +4,8% per la mobile tv, mentre le tv satellitari si attestano a una utenza complessiva del 42,4% e il 10% degli italiani usa la smart tv che si può connettere alla rete. E’ quanto emerge dal 49.mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis. Anche per la radio si conferma una larghissima diffusione di massa (l’utenza complessiva corrisponde all’83,9% degli italiani), con l’ascolto per mezzo dei telefoni cellulari (+2%) e via internet (+2%) ancora in ascesa. In effetti, gli utenti di internet continuano ad aumentare (+7,4%), raggiungendo una penetrazione del 70,9% della popolazione italiana. Le connessioni mobili mostrano una grande vitalità, con gli smartphone forti di una crescita a doppia cifra (+12,9%) che li porta oggi a essere impiegati regolarmente da oltre la metà degli italiani (il 52,8%), e i tablet praticamente raddoppiano la loro diffusione e diventano di uso comune per un italiano su quattro (26,6%). Aumenta ancora la presenza degli italiani sui social network, che vedono primeggiare Facebook, frequentato dal 50,3% dell’intera popolazione e addirittura dal 77,4% dei giovani under 30, mentre Youtube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani) e il 10,1% degli italiani usa Twitter. Al tempo stesso, non si inverte il ciclo negativo per la carta stampata, che non riesce ad arginare le perdite di lettori: -1,6% per i quotidiani, -11,4% per la free press, stabili i settimanali e i mensili, mentre sono in crescita i contatti dei quotidiani online (+2,6%) e degli altri portali web di informazione (+4,9%). Non è favorevole l’andamento della lettura dei libri (-0,7%): gli italiani che ne hanno letto almeno uno nell’ultimo anno sono solo il 51,4% del totale, e gli e-book contano su una utenza ancora limitata all’8,9% (per quanto in crescita: +3,7%).
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