La vittoria a Malmoe avvicina la Juve agli ottavi
Si è concluso il penultimo turno dei gironi di Champions con esiti molto diversi per le due squadre italiane impegnate in una sorta di “derby del gelo a distanza”, Juventus e Roma, che, comunque, lasciano aperte le porte della qualificazione agli ottavi per ambedue ma con possibilità, ovviamente, diverse.
La rete d’apertura di Llorente
La Juve, infatti, è passata a Malmoe su un terreno che definire tale è un eufemismo contro avversari che, per quanto modesti sul piano tecnico (salvo alcune individualità come Rosenberg, Eriksson e Forsberg), hanno sfoggiato una prevedibile baldanza atletica e una disciplina tattica notevole almeno sin quando hanno avuto benzina nel serbatoio. Cioè per tutto il primo tempo, quello in cui i bianconeri hanno sofferto di più, pur creando almeno due chiare occasioni da gol con Vidal e Marchisio, entrambi stoppati da due interventi provvidenziali del portiere danese Olsen, a fronte di due pericolosissime ripartenze concluse non benissimo da Forsberg. Poi, nella ripresa, con gli svedesi in palese debito d’ossigeno, la classe superiore dei bianconeri ha fatto la differenza: già dopo soli 4′, Llorente , fin lì uno dei peggiori in campo, approfittava di una topica della linea difensiva locale con i due centrali lenti e troppo larghi e con l’esterno basso Tinnerholm inspiegabilmente rimasto dietro a vanificare qualsiasi ipotesi di fuorigioco, si poteva involare in beata solitudine verso Olsen, eludendone anche l’uscita alla disperata, per depositare in rete l’1-0 juventino. Ne seguiva una condotta di gara molto più aggressiva da parte dei campioni d’Italia, in grado di sfiorare a più riprese il raddoppio (Marchisio, uno dei migliori, dimostrava di avere un conto aperto con Olsen e Morata centrava una clamorosa traversa da un metro), mentre il Malmoe, ottimo nei primi 45 minuti a sfruttare le precarie condizioni del terreno evitando accuratamente il fraseggio corto con lanci lunghi, non riusciva più a farsi vedere dalle parti di Buffon. A tre minuti dal termine, il raddoppio di Tèvez, innescato da una fuga di Pogba, lesto a raccogliere una corta respinta di Johansson, pressato (per gli svedesi in modo irregolare, non così per Proença) da Morata. L’episodio accende ulteriormente un pubblico già di per sè molto rumoroso e anche gli animi in campo con Johansson costretto alla doccia anticipata. Sfatato, quindi, il tabù trasferta che resisteva da febbraio 2013 quando la Juve violò per 3-0 il Celtic Park.
La gioia di Tèvez dopo il raddoppio
Ora, in virtù della vittoria di goleada dell’Atlètico Madrid sull’Olympiacos per 4-0 (con la rete apriscatole di Raùl Garcìa propiziata da una topica del portiere Roberto, tornato sul pianeta terra a testimonianza che se il cammino europeo della Juve non è stato brillante in queste stagioni molto si deve anche a serate da autentici fenomeni degli estremi difensori in forza agli avversari di turno dei bianconeri), la situazione per gli uomini di Allegri si fa molto più rosea: sarà sufficiente un pari nell’ultimo match casalingo con i colchoneros, già matematicamente qualificati, per strappare il pass per gli ottavi, traguardo minimo stagionale. Con una vittoria con due reti di scarto, poi, la Juve terminerebbe il girone addirittura al primo posto, evitandosi le insidie di un sorteggio che potrebbe riservare clienti molto scomodi. Ma anche una sconfitta potrebbe non compromettere del tutto le possibilità di Madama, se l’Olympiacos non dovesse battere il Malmoe.
Facendo un passettino indietro, merita qualche considerazione la beffa “gelata” patita dalla Roma, ventiquattrore prima, a Mosca (-6°, ma -10° percepiti): una partita non semplice, affrontata con la difesa in assoluta emergenza (addirittura Florenzi improvvisatosi terzino destro, peraltro con ottimi risultati) e contro un avversario non trascendentale ma motivatissimo dall’insperata prospettiva di rincorrere una qualificazione che, dopo il 5-1 dell’Olimpico, sembrava fantascienza. Tuttavia controllata con un certo agio dalla squadra giallorossa almeno nella prima frazione, conclusa in vantaggio grazie ad una punizione-bomba del sempiterno Totti, che ha così ritoccato il primato di reti nella “nuova” Champions già in suo possesso (in assoluto, comprendendo anche le edizioni disputate con la vecchia formula lo precedono ancora Burgsmueller e il colonnello Puskas) e con il Cska pericoloso in un’unica occasione. Ma a fronte di una Roma ottimamente disposta in campo da Garcia e capace di dettare i ritmi a piacimento pur in condizioni proibitive (le nuvolette bianche che si vedevano in tv non erano zolle sbiadite del Khimki ma i respiri assiderati dei ventidue in campo…). Ben altra musica ha riservato la ripresa con una Roma sin troppo passiva e schiacciata nella propria trequarti, di fronte alle offensive sterili ma incessanti dei padroni di casa. Fino al pareggio-beffa scaturito da un innocuo tiro-cross di Vasili Berezutski ad una decina di secondi dal termine del recupero. Quattro le colpe specifiche della formazione capitolina: 1) la rinuncia al possesso palla nei secondi 45′; 2) l’aver vanificato le uniche due sortite offensive con Ljajic e, soprattutto, Nainggolan (veramente clamoroso il gol sbagliato dal belga, pur encomiabile per l’incessante dinamismo); 3) l’ingresso in campo, in una delle partite spartiacque della stagione, di uno Strootman ancora in palese ritardo di condizione, come testimoniato dal pallone banalmente perso che ha dato il là all’azione del pareggio moscovita; 4) l’errore marchiano di De Sanctis che potrà pure ben dire che senza quella palla persa la gara sarebbe terminata lì, ma non può certo sentirsi esente da responsabilità per quel che ne è scaturito dopo. La seconda beffa per la Roma sarebbe poi arrivata in serata con la vittoria rocambolesca del City con il Bayern: sotto 1-2 fino a cinque minuti dal termine, gli inglesi hanno rovesciato partita e girone grazie a due palle perse banalmente da Xabi Alonso e Boateng che hanno innescato il turbo incorporato nelle gambe esplosive del Kun Aguero, già cecchino dal dischetto nel primo tempo, per il 3-2 finale maturato in pieno recupero. Ad aggiungere ulteriore rammarico alla giornata stortissima dei capitolini anche il fatto che a commettere il fallo da rigore e a lasciare i compagni bavaresi in dieci sia stato Mehdi Benatia. Un ex con il dente davvero avvelenato.
La “papera” di De Sanctis
Il bolide di Totti per l’illusorio vantaggio giallorosso
Ora, per la qualificazione, la Roma rimarrà comunque padrona del suo destino ma è l’unica notizia buona perchè con una vittoria a Mosca, la pratica sarebbe stata già archiviata. A decidere tutto, sarà, dunque, Roma-City: una vittoria giallorossa garantirebbe il pass senza dover puntare l’orecchio al risultato di Monaco. Un pareggio, viceversa, aprirebbe scenari molto più complessi: in caso di concomitante sconfitta del Cska, la Roma passerebbe solo con lo 0-0, mentre dall’1-1 in su ad andare avanti sarebbero gli inglesi; in caso di un concomitante pari all’Allianz, la Roma sarebbe avanti nella classifica avulsa a tre; se il Cska dovesse, invece, sbancare Monaco, avanti i russi. In caso di sconfitta romanista con il City, infine, addio sogni Champions ma la stagione europea proseguirebbe in Europa League in caso di sconfitta del Cska. Un ginepraio che si poteva evitare.
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