E’ tornato di grande attualità in questi giorni il problema dei suicidi quale conseguenza del profondo stato di prostrazione e disagio che spesso colpisce imprenditori, ma anche semplici cittadini, alle prese con una crisi di cui non si vede la fine. Esiste uno strumento per combattere la crisi economica e aiutare imprenditori, consumatori e debitori a «non perdere la testa»? Forse sì. E le risposte sono nel libro di Vito Abate, ingegnere e docente universitario, direttore del polo accademico UniCusano di Trapani e Castelvetrano, con il quale l’autore propone un autentico «manuale per il gestore negli organismi di composizione della crisi».
Ma intanto vediamo i numeri di questa tragedia. Sono 81 i casi di suicidio per motivazioni economiche registrati in Italia nel primo semestre 2016. Il dato è in crescita di quasi il 20% rispetto a quanto rilevato nella seconda metà dell’anno precedente, quando il fenomeno sembrava segnare una prima inversione di tendenza nella sua triste escalation. Lo scorso mese di giugno in particolare, stando a quanto segnalato da Link Lab, il laboratorio di Ricerca Sociale della Link Campus University, è stato il peggiore dall’avvio dell’Osservatorio Suicidi per crisi economica, nato nel 2012: si sono registrati 19 casi in più, rispetto ad altri mesi tradizionalmente più tragici, come febbraio (16) e maggio (15). Dove si muore di più? In Campania, seguita da Sicilia, Lombardia, Lazio e Marche, la regione che ha registrato il maggior numero di vittime (13,6%). A perdere il triste primato, invece, è il Veneto fino allo scorso anno la regione simbolo, con un’incidenza passata dal 21,2% del 2015 al 7,4% di quest’anno.
«L’imprenditore e il debitore – spiega Vito Abate – devono sapere che esistono degli strumenti per uscire dalla crisi, che esistono delle soluzioni auspicate dalla legge, anche se poco conosciute. In tal senso, il manuale vuole avere una funzione pubblica, contribuendo anche alla formazione di personale addetto alla gestione degli organismi di composizione della crisi. Una risposta per fare in modo che nelle persone travolte dai problemi legati all’indigenza, aumenti la consapevolezza circa l’esistenza di questi strumenti. Grazie alle norme esistenti, lo Stato può favorire i processi di esdebitazione, garantendo l’apertura di un conto corrente e l’accesso al credito, e consentire così una riduzione dei tempi di attesa di aiuti che alla fine possono risultare di vitale importanza. A volte attendere tre o quattro anni, per chi ha necessità di reinserirsi nel circuito produttivo, può essere fatale».
Giovanni Tarantino
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