Al di la e al di sopra dell’indignazione quando in ballo c’è la propria onorabilità un politico di lungo corso, come l’ex premier ed ex segretario del Pd Massimo D’Alema, dovrebbe, prima di tutto, stare attento a non superare quella sottile linea rossa della decenza che si chiama senso del ridicolo. Per difendersi da impietose intercettazioni che mettono sempre a nudo il Re, il leader di partito avrebbe dovuto trincerarsi dietro un terrapieno di cautela, e soprattutto umiltà, tenendo bassa la testa. Ma questo è inutile chiederlo a D’Alema che dell’arroganza e della supponenza ne ha fatto una ragione di vita anche quando si è trovato costretto a difendersi da contestazioni incontrovertibili e ripetute.
Stavolta a farlo finire nel tritacarne mediatico di uno scandalo fatto di corruzione, mazzette e arresti è stata la splendida isola di Ischia dove un sindaco importante come Giosi Ferrandino viene ammnettato per aver preso più di trecentotrentamila euro da una cooperativa di Modena la Cpl Concordia (un colosso del settore con quasi duemila dipendenti) che nei prossini anni avrebbe dovuto metanizzare tutti e sei i comuni della più grande delle isole dl Golfo. Da tempo alle corde sugli scenari della politica nazionale e ancora di più sul proscenio del Pd, D’Alema, è stato scaraventato di nuovo nel casino dei riflettori puntati proprio quando, da mesi ormai, si limitava a lanciare inutili anatemi contro la maggioranza e, come dicono i ben informati, anche a tramare contro Renzi per farlo cadere alla prima occasione.
Fin qui nulla di male. Tutto sommato è politica, politica rude e sporca ma politica fatta di trame, assenza di regole e colpi bassi, in cui a “baffino” tutti, ma proprio tutti, riconoscono una grande maestria. Ma poi arriva puntuale e, periodicamente per lui, il fattaccio, la classica buccia di banana che fa scivolare su soldi sporchi. Un nuovo capitolo che costringe l’interessato ma anche il partito di appartenenza ad un aspro dibattito interno sulla questione morale, una questione spesso dirimente nel Pd ancora alla ricerca di una identità e di una verginità perduta finita nel cassetto dei ricordi
Da tempo sosteniamo che la diversità della sinistra sul fronte delle tangenti, ammesso e non concesso che ci sia mai stata in passato (forse si dovrebbe tornare a Palmiro Togliatti che i soldi li prendeva si, ma direttamente dall’Urss come la Dc li prendeva dagli americani e non solo), oggi non esiste più. Finanziamento illecito e ruberie, nel Pd, vanno di pari passo con la voglia di cambiare e riformare un partito che non è per nulla diverso dagli altri partiti permeati da un contesto politico generale degradato da intrecci con il malaffare e corruzione. Quello che più stupisce in queste vicende però è il comportamento dei singoli, più o meno importanti più o meno esposti. E quando questo accade qualcuno si difende meglio di altri.
Ma D’Alema non è tra questi. E tra il prendere posizione e lo stare zitti, l’ex segretario ha sempre fatto la scelta peggiore. Finito così nel mirino delle indagini riguardanti conversazioni di gente di malaffare che parla di D’Alema come di una persona che al momento opportuno sa mettere “le mani nella merda” per ricordarsi degli amici e di quanti in forza di quella amicizia si ricorderanno di lui magari comprando duemila bottiglie di vino da sua una tenuta agricola, migliaia di libri da case editrici amiche e versando al contempo quasi centomila euro sotto forma di contributo alla sua Fondazione Italiani europei. Ebbene scoppiato il bubbone il nostro che fa? Si dichiara “indignato e offeso” e minaccia querele.Tante querele.
E come se non bastasse forte della sua arroganza spocchiosa decide di contrattaccare prendendosela con i giudici: “Csm e Anm dovrebbero vigilare di più autoimponendosi un maggiore autocontrollo, tenendo presente che i magistrati devono accertare fatti e reati senza attribuirsi funzioni politiche o pubblicistiche di altro genere…”.
Che capolavoro. Starordinario D’Alema sul quale stavolta i giudici farebbero bene ad indagare seriamente visto che la vicenda di Ischia presenta ancora tanti lati oscuri. Si, la Procura di Napoli adesso deve cercare la verità nascosta dietro la quale si potrebbe celare il grande giro di tangenti che in cambio di appoggi politici del Pd verso Ferrandino (da candidare con l’appoggio di D’Alema, a governatore della Campania), la Cpl doveva e poteva assicurare.
Qualche volenteroso Pm potrebbe andare e vedere e chiedere a chi apprtenesse quella manina di partito che in Parlamento a proposito di finanziamenti statali per le opere di infrastrutturazione energetica nel Sud, aveva praticamente eleminato dalla legge di stabilità i legittimi limiti del finanziamento pubblico aggiungendo al testo finale della norma due semplici paroline: “senza limiti”. Piccola innocente aggiunta, potremmo dire con il senno di poi, che avrebbe portato nell’isola, sulla base di contratti già firmati con la Cpl, un fiume di denaro pubblico. Decine e decine di milioni di euro appunto. Soldi sui quali brindare, con il vino dell’onorevole D’Alema. L’indignato d’Italia.
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