Mai più carcere per i giornalisti accusati di diffamazione. La Camera ha approvato oggi con 295 sì, 3 no e 116 astenuti, la proposta di legge sulla diffamazione, che prevede in caso di querela, solo il pagamento di pene pecuniarie. Ora si attende il vaglio del Senato.
Il pdl sulla diffamazione sembra finalmente allineare l’Italia alle direttive europee e in particolare del Consiglio d’Europa, di cui l’Italia è l’unico uno degli Paesi fondatori ad aver ricevuto un richiamo in questo senso. Già lo scorso febbraio, l’Assemblea parlamentare dell’organizzazione paneuropea si dichiarava “profondamente preoccupata per il deterioramento delle condizioni di sicurezza dei giornalisti e della libertà dei media in Europa”.
Vediamo i punti chiave. In sostituzione delle pene detentive, per il giornalista colpevole di diffamazione, multe da 5 fino 10 mila euro, ma a seconda del grado di consapevolezza (cioè se e in che misura il giornalista sa di scrivere il falso), si potrà arrivare anche alla cifra di 50mila euro. Ma sono previste multe salate, fino a 10 mila euro, per le “querele temerarie”.
Per i recidivi, anche la sospensione dell’ esercizio della professione fino a 6 mesi.
Le rettifiche all’articolo ritenuto “diffamatorio” devono essere introdotte senza alcun tipo di commento, ma le tempistiche variano a seconda dei media interessati.
Verranno inoltre protette dal segreto professionale anche le fonti del pubblicista.
Un altro punto chiave, relativo alla responsabilità del direttore e sull’applicazione del credito privilegiato, rappresenta un risoluzione fondamentale, che potrebbe forse mettere la parola fine alla vicenda giudiziaria tutt’ora in corso, relativa al fallimento del 2001 del giornale Unità e del gruppo editoriale Epolis e il conseguente pignoramento dei beni per gli ‘ex direttori , Concita De Gregorio e Enzo Cirillo, nonchè per gli altri giornalisti coinvolti, per cifre intorno ai 400 mila euro. La normativa vigente fino a questo momento prevedeva infatti che, in caso di diffamazione, la responsabilità del risarcimento danni fosse tripartita in percentuali tra editore (80%), direttore (10%), giornalista (10%). Inevitabilmente, quando l’Unità è andata in fallimento, l’intero ammontare dei danni, sempre in base alla legge, veniva ripartita tra direttore e giornalisti, i due soggetti rimasti.
Nel pdl passato oggi alla Camera invece, il direttore potrà essere ritenuto responsabile solo in caso di dimostrato “nesso di casualità” tra omesso controllo e diffamazione. Ovviamente, il pagamento della multa da parte del giornalista responsabile non esclude altre richieste di risarcimento danni anche nei confronti del direttore stesso ma, sia quest’ultimo che i giornalisti coinvolti, eccetto che nel caso di diffamazione dolosa, potranno a loro volta rivalersi nei confronti del proprietario o dell’editore della testata.
Nel caso il testo passasse al vaglio del Senato, si palesa dunque la possibilità per i numerosi giornalisti letteralmente travolti da una lista infinita di richieste di risarcimento, di procedere, attraverso lo strumento del credito privilegiato, nei confronti delle loro aziende.
Priscilla Muro
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