Un mondo di esclusi. Sono circa 2 miliardi (il 38% se consideriamo che secondo il dato del gennaio 2017 la popolazione mondiale ammonta a circa 7,477220 miliardi di persone) quelli che vivono in Paesi in cui vi sono forme gravi o gravissime di esclusione: 1 donna, o bambino/a, su 3. Ragionando al contrario, solo il 5% del genere femminile e della popolazione under 18 vive in Paesi dove la loro inclusione è buona. Tra il 2016 e il 2017 il numero di bambine/i, adolescenti e donne che vivono in Paesi dove la loro esclusione è grave e gravissima è aumentato di 22 milioni (pari a mezzo punto percentuale). E’ questo il quadro sconsolante delineato dal nuovo WeWorld Index, l’indice nato per misurare l’inclusione di bambine, bambini, adolescenti e donne nel mondo.
Giunto alla sua terza edizione, è stato presentato oggi a Roma, alla Biblioteca del Senato, dal presidente della ong WeWorld Marco Chiesara. Presente, tra gli altri, Sandra Zampa, vicepresidente commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza.
L’analisi del WeWorld Index prende in considerazione 170 Paesi e 34 indicatori, coinvolge 21 esperti. La classifica che ne deriva non è determinata solo da indicatori economici, ma da tutte le dimensioni del sociale: sanitaria, educativa, lavorativa, culturale, politica, informativa, di sicurezza, ambientale. “Se non si interviene subito, entro il 2030 con il ritmo attuale le donne e la popolazione under 18 che vivono in Paesi in cui vi sono forme gravi o gravissime di esclusione aumenterà di 286 milioni (sul miliardo e 800 mila attuale), un numero pari alla popolazione dell’intera Europa occidentale”, questo è quanto emerge dal WeWorld Index 2017 che vede la Norvegia (+114) dominare la classifica. In generale, i Paesi del Nord Europa si riconfermano luoghi in cui l’inclusione di donne e popolazione under 18 è migliore. Fanalino di coda la Repubblica Centrafricana (-151). L’Italia, al 21° posto in classifica con un punteggio pari a 66, registra una performance sufficiente a livello globale, ma si attesa, tra i Paesi fondatori dell’Unione Europea, come il meno inclusivo per donne e bambini/e.
Nei paesi dell’Africa Sub-Sahariana permangono forme gravissime di esclusione. I conflitti interni ai singoli paesi, il terrorismo presente in alcuni, i regimi autoritari o comunque non democratici producono contesti di elevata esclusione dei soggetti più vulnerabili. I bambini e le bambine vengono privati della possibilità di studiare, in alcuni casi sono costretti a fuggire dai propri paesi d’origine perdendo i legami sociali, gli affetti, la casa. Anche nei paesi in cui non ci sono conflitti, la crescita economica non ha ancora prodotto effetti positivi di ridistribuzione del reddito.
I paesi europei sono quelli in cui l’inclusione di bambine, bambini, adolescenti e donne è migliore. Tuttavia mentre nei paesi ai primi posti nel WeWorld Index 2017 (Norvegia, Islanda, Svezia, Finlandia e
Lussemburgo), l’inclusione di bambine e bambini va di pari passo con l’inclusione delle donne, nei paesi dell’Europa Occidentale ed ancor di più in quelli dell’Europa Orientale questo non accade. In diversi Paesi (come Francia, Spagna, Italia, ma anche Germania) non migliora l’inclusione delle donne, mentre addirittura peggiora quella di bambine, bambini e adolescenti. Ciò può essere rivelatore di una disattenzione verso l’infanzia e l’adolescenza, due fasce d’età colpite dalla crisi economica tanto quanto (anzi, più) della popolazione adulta.
“In questi Paesi sono necessari interventi puntuali – commenta Chiesara – sul piano della parità salariale, della prevenzione e del contrasto alla violenza maschile sulle donne, per l’accesso delle donne alla vita politica. In Europa occidentale, ma ancor più in quella orientale e meridionale (Spagna, Italia, Grecia), per la prima volta dal dopoguerra, il destino di bambini e donne sembra intrecciato: 23 milioni di bambini/e sono in povertà nel vecchio continente; solo il 55% delle donne con tre o più figli ha un lavoro”.