“Ci sono segnali che la ripresa acquisti forza e stabilità”.
Che la congiuntura economica possa diventare presto un ricordo è ormai un fatto assodato. Non lo dice il sentimento popolare ma, ad oggi, lo hanno asseverato i massimi esponenti del mondo economico italiano ed europeo. Alle posizioni espresse nei giorni scorsi dal governatore di BankItalia, Ignazio Visco, e dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, va ad aggiungersi anche l’analisi del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che, dopo aver affermato a più riprese l’inversione del trend economico, oggi torna sull’argomento in un’audizione alla Camera dei Deputati.
Proprio da Montecitorio, Draghi ha voluto tornare con decisione sull’esigenza improcrastinabile di portare a termine il processo di riforme annunciato dal Governo. Un monito necessario, dal cuore dell’istituzione, perché solo attraverso interventi concreti sul sistema la Bce potrà riavvicinare la crescita ai livelli auspicati e riavviare un percorso virtuoso di crescita.
Il momento è favorevole, dunque. Draghi, riprendendo l’analisi fatta pochi giorni fa in Parlamento Europeo, ha ribadito come tra i punti a favore vadano annoverati “il crollo dei prezzi dei prodotti energetici, la politica monetaria espansiva e le riforme che diversi paesi hanno varato e stanno iniziando a fare sentire i propri effetti”.
Le prospettive per l’inflazione fanno puntare a “valori prossimi al 2%”, mentre gli effetti della manovra di allentamento quantitativo dovrebbero essere quantificabili nell’incremento di un punto percentuale del Prodotto interno lordo italiano.
Draghi ha ribadito che il piano della Bce è quello di “continuare con gli acquisti di titoli sul mercato fino alla fine di settembre 2016 o fino a quando l’inflazione non si avvicinerà durevolmente” agli obiettivi. Scongiurato anche il rischio di scarsità di bond da acquistare: “Per ora non c’e’ questa prospettiva, la liquidità sui mercati resta ampia”, tanto che ad oggi si stima di “raggiungere i 60 miliardi di euro per questo mese anche se gli acquisti sono iniziati solo il 9 marzo”.
“La Bce – ha spiegato Draghi – crea un clima che favorisce le riforme strutturali difficili da attuare in una congiuntura negativa” anzi, “le previsioni di crescita sono condizionali all’attuazione del programma di QE”, che non ‘rallenta’ il percorso di riforma ma anzi lo stimola.
Per quanto riguarda l’accesso al credito per famiglie e imprese, esiste un “nesso con il QE” anche se “bisognerà vedere sul ‘quanto’”, proprio perché la struttura produttiva europea si basa su piccole e medie imprese che, per vocazione, richiedono un sistema di credito “basato sulle banche, che si spera siano capaci di valutare le piccole imprese”. In questo senso, uno degli obiettivi dell’Unione dei mercati capitali è “quello di mettere le piccole imprese in condizioni di entrarvi” attivamente, accedendo in questo modo a risorse di mercato senza dover per forza fare ricorso all’intervento degli istituti di credito. Questo però richiede “trasparenza e uniformità” nei bilanci.
L’analisi del numero uno dell’Eurotower però non si è limitata alle considerazioni di politica monetaria e agli effetti delle scelte di Francoforte. Tutt’altro. Draghi ha ricordato che l’oscillazione dello spread tra Btp e Bund alla fine del 2011, con un rendimento del titolo italiano decennale pari al 7% contro il 2% tedesco, era pari a 500 punti e “per inciso, questo spread di 500 punti base e’ esattamente lo spread che abbiamo pagato per 15 anni in media prima di entrare nell’euro”.
Parlando invece di giustizia, ha osservato che l’Italia “registra la giustizia civile più lenta d’Europa”. I tempi dei processi “influiscono sulla volontà di erogazione del credito alle aziende. In media in Italia una causa richiede 5 anni, a fronte di un anno in Germania, Francia e Spagna”. Una giustizia civile con tempi dimezzati garantirebbero un aumento di produttività che viene stimato tra l’8 e il 12%. Non solo: l’eccessiva regolamentazione “incentiva le piccole imprese a rimanere tali” e questo rappresenterebbe un problema in quanto in Italia si registra una “alta concentrazione di microimprese con bassi livelli di produttività”.
Non è mancato un passaggio sulle banche e sull’esigenza del loro buon funzionamento. “Le banche possono non piacerci – ha dichiarato – ma questi sono i canali attraversi i quali la Bce esercita le sue misure”. Intanto ha chiarito che una banca senza patrimonio sufficiente “non può fare la banca, dunque non può fare credito. E’ come se avesse una infezione”. Quindi diventa necessario puntare a interventi che migliorino il loro funzionamento: “Ricapitalizzazione degli istituti di credito nel medio periodo, che aumenta le capacità delle banche di fare credito”, e quindi contrasto alle sofferenze, che “devono emergere rapidamente”, per liberare “risorse a beneficio delle imprese”.
Ancora una volta, dunque, la palla torna alla politica. Spronata, quotidianamente, a tagliare i tempi di attuazione degli interventi strutturali.
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