Conosciuta dal grande pubblico come erede e portavoce della canzone romana nel mondo, Elena Bonelli è fino al 26 marzo al Teatro dell’Angelo di Roma con “Interpreta Brecht”. Accompagnata al pianoforte da Cinzia Gangarella, con la regia di Marco Mattolini, la Bonelli dà voce ai brani del drammaturgo tedesco messi in musica da Kurt Weill, da “Filastrocca popolare” ad “Alabama Song”, da “Jacob Apfelbock” a “Macky Messer”, passando per “Jenny dei pirati”, “Surabaya Johnny”, “La ballata della schiavitù sessuale”, molti dei quali noti per essere stati interpretati anche dai grandi nomi del rock e del pop mondiale: Pink Floyd, Doors, David Bowie.
Si tratta di una rilettura inedita e originale che accosta l’autore alla nostra attualità raccontata da articoli di giornali, unico elemento di una scenografia alquanto scarna, in un viaggio attraverso la discriminazione, la vergogna, la violenza più cieca.
In un crescendo di emozioni vengono elencati impietosamente i tanti episodi che tutti i giorni si ripetono, sintomo della stessa intolleranza, dello stesso senso di superiorità, della stessa paura di chi è diverso, che hanno prodotto quanto di più ingiusto ha contraddistinto il secolo appena passato. Di questa cornice ne abbiamo parlato con la protagonista:
Perché ha deciso di portare in scena un autore così impegnato ed impegnativo come Bertolt Brecht?
Punto sempre l’attenzione su ciò che è ignorato o tende ad essere dimenticato. Purtroppo i giovani lo conoscono poco. Chi mi segue da tempo sa che il mio primo pensiero è rivolto alle nuove generazioni.
Brecht diceva “il realismo non consiste in come sono le cose vere, ma in come sono veramente le cose”. Quanto è attuale chi parla di come stanno realmente le cose nel mondo dell’inganno e dell’apparenza?
È attualissimo. Quella di Brecht è una scrittura profetica. Basti pensare come con largo anticipo preconizzò l’arrivo del nazismo.
La parte dello spettacolo che ama di più?
Quella in cui dico che bisogna confidare solamente in noi stessi. Siamo noi i responsabili della nostra vita. Dipende tutto dalla nostra volontà. Il concetto di coscienza personale è molto importante.
Ho apprezzato la “Lode all’imparare”. Non crede che molti dei problemi di oggi derivino dall’ignoranza?
Sì, assolutamente. C’è un generale un imbarbarimento dettato dalla tv che diffonde violenza. Purtroppo i media sono diventati il nostro vangelo. Viene proposto solo ciò che serve per fare audience. Se si togliessero i film in cui si violentano le donne e non se ne parlasse più in termini morbosi si farebbe un passo avanti.
A fine spettacolo ha fatto un appello per riportare le persone a teatro. Cosa si può fare in concreto?
Non cadendo nella retorica, ma agendo. Ogni settimana andrebbero inserite delle ore di lezione sul teatro, così come si fa con la matematica. Anche il bullismo lo si combatte alla radice, dando dei ruoli specifici agli insegnanti. La cultura è la chiave. Come dice Malala, la giovane attivista pakistana, “con carta e penna togli un ragazzo dalla strada”.
Nuovi progetti? A cosa sta lavorando?
E’ il terzo anno che porto avanti il talent “Dallo stornello al rap” per avvicinare i giovani alla canzone romana. Brecht infatti è una sorta di rapper del ‘900, perché è un autore non aulico, ma vibrante. E’ sempre vivo e questo ce lo fa amare ancora di più.
Erika Eramo
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