Si fa un gran parlare dell’emergenza sbarchi in Italia e, più in generale, sulle coste europee del Mediterraneo. Ma è veramente quello l’unico grande luogo, nel mondo, dove si concentrano i migranti? No. Secondo dati dell’Unhcr, la principale organizzazione impegnata in prima linea a salvare vite umane, a proteggere i diritti di milioni di rifugiati, sfollati e apolidi, ci sono altre emergenze più o meno visibili da affrontare. I siriani fuggiti dal loro Paese sono stati 4,9 milioni. L’Afghanistan si è sfollato per 2,7 milioni e l’Iraq per 4,4. Turchia e Libano sono state le nazioni che li hanno accolti maggiormente.
Ma non c’è solo la crisi che si avvicina al Vecchio Continente. Ci sono emergenze di migranti in ogni angolo del pianeta.
Oltre 600.000 Rohingya sono passati dal Myanmar al Bangladesh. I Rohinga sono una minoranza musulmana: a loro non è riconosciuto alcun diritto (neanche quello di essere cittadini birmani). In sostanza, nella nazione che li ospita non sono cittadini e non hanno neanche la carta d’identità. Dunque, a casa loro non sono padroni di far niente e non possono neanche espatriare.
Così si rifugiano in Bangladesh, paese col quale condividono molto più di ciò che hanno in comune con le autorità birmane. Ma si tratta di una delle nazioni più povere del pianeta che si trova a gestire questo flusso enorme di persone. Anche lì, come nel resto del mondo, si creano campi per rifugiati e spazi dove poterli accogliere. Ma fino a che punto si potrà gestire tutto ciò, che ha il sapore – in Myanmar – di una persecuzione nei confronti di un popolo che sembra ricordare le esperienze naziste?
Poi ci sono le migrazioni “invisibili”. Quelle di cui si parla poco perché non superano confini dettati dalla politica. La Colombia, per esempio, ha poco meno di 7 milioni di sfollati interni. Una guerra civile tra le forze di governo e le Farc – iniziata negli anni Sessanta e ora forse verso un percorso più sereno – ha devastato un Paese che in totale ha 46 milioni di abitanti. E milioni di persone sono sfollate in Yemen, a causa di un conflitto armato. Un gioco silente, questo, che devasta intere comunità, che distrugge famiglie, che fa emergere tutta la povertà del dibattito politico a livello internazionale.
Le migrazioni non si possono fermare. Ci sono e ci saranno sempre. Era un migrante anche uno tra i più grandi pensatori occidentali, tale Agostino d’Ippona (Algeria): sant’Agostino, Padre e dottore della Chiesa cattolica. Si migra per tanti motivi e, principalmente, per sognare benessere. Così come accade ad Haiti, dove il terremoto del 2010 ha dato l’ennesimo colpo di grazia a una delle nazioni dove la povertà è all’ordine del giorno. Una terra disgraziata (nel 2016 è stata colpita dall’uragano Mattew) che vede fuggire migliaia di persone ogni anno. Passano per il Centro America e sognano la frontiera di Tijuana, tra Messico e Stati Uniti. Tentano lì di superare il confine mettendosi tra le braccia dei trafficanti di esseri umani.
di Giampiero Valenza
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