Non si calma lo scontro a distanza fra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e i governi europei in vista del referendum costituzionale del prossimo 16 aprile.
Nelle ultime ore il fronte più caldo è quello tedesco. Da Istanbul, Erdogan ha accusato la cancelliera Angela Merkel di sostenere i terroristi, riferendosi alla vicenda del giornalista Deniz Yücel, arrestato lo scorso 27 febbraio.
Il giornalista turco-tedesco – corrispondente di Die Welt, molto critico verso il governo di Ankara – è accusato di propaganda a sostegno di organizzazione terroristica e incitamento alla violenza pubblica. Erdogan gli ha appiccicato anche l’etichetta che considera più infamante, quella di membro del PKK.
Intorno a lui hanno fatto quadrato non solo i colleghi, ma anche le più alte istituzioni politiche della Germania. Martin Schäfer – portavoce del ministro degli Esteri Sigmar Gabriel – ha detto di non avere “alcuna indicazione” che abbia mai abusato della sua professione, ma “al contrario, che si sia adoperato con impegno nel lavoro”.
Per la scarcerazione di Yücel si erano mobilitati in persona la cancelliera e il suo sfidante socialdemocratico Martin Schulz, ma senza risultato. Ora Erdogan assicura che sarà processato dalla magistratura “indipendente”, la stessa che meno di un anno fa è stata epurata dei simpatizzanti di Fethullah Gülen, e commenta: “Grazie a Dio è stato arrestato”.
Intanto il ministro della Difesa Fikri Işık condanna la dichiarazione del capo dei servizi segreti tedeschi, Bruno Kahl, che ha detto a Der Spiegel di non avere certezze sul ruolo di Gülen nel golpe dell’anno scorso. “Se la persona che è alla guida dei servizi di intelligence della Germania dice ‘non sappiamo chi ci sia dietro il tentativo di colpo di stato’”, dice Isik, “o è cieca, o è sorda oppure sente il bisogno di nascondere i sospetti”. E aggiunge: “Dichiarazioni come questa sollevano dubbi sulla Germania, e ci fanno chiedere se non ci sia stata la Germania dietro il golpe”.
Non è finita qui. Oggi il ministero degli Esteri turco ha convocato l’ambasciatore tedesco per fargli presente di non aver gradito la manifestazione di ieri a Francoforte. In occasione del Newroz, il tradizionale capodanno curdo che cade nei giorni dell’equinozio di primavera, sono scese in strada circa trentamila persone con bandiere di tutte le formazioni politiche curde, incluso il PKK. “Hanno mostrato bandiere e cartelloni di un’organizzazione terrorista”, è la formula scelta dal portavoce della presidenza, Ibrahim Kalin. “La Germania ha messo il suo nome in un nuovo scandalo”.
Accusare la Germania di sostenere i terroristi è un’offesa “inaccettabile a un Paese democratico che garantisce tutte le libertà”, ha twittato oggi il presidente del Parlamento UE, Antonio Tajani.
Sparando a zero sulla Merkel, e in particolare con le “scioccanti” accuse di pratiche “naziste”, Erdogan “ha passato il segno”. Lo ha detto il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel in un’intervista uscita stamattina sulla Passauer Neue Presse. “Siamo tolleranti”, dice il ministro – esponente SPD nel governo di grande coalizione – “ma non siamo degli imbecilli”.
È d’accordo Martin Schulz, appena nominato all’unanimità come successore di Gabriel alla guida del partito socialdemocratico. “Bisogna dire chiaramente a Erdogan che così non va”, ha detto Schulz all’assemblea SPD di Berlino: “La sua strategia prima o poi fallirà”.
Le grane per il presidente turco non arrivano solo dalla Germania. Il ministro degli Esteri danese, Anders Samuelsen, ha convocato l’ambasciatore turco a Copenaghen per discutere delle minacce rivolte a persone con entrambe le cittadinanze. Secondo un articolo del Berlingske, il più antico quotidiano danese, alcuni danesi di origini turche avrebbero subito intimidazioni dopo aver pubblicato commenti contro Erdogan su internet. Tra le minacce, denunce per alto tradimento e ritorsioni sui parenti stretti che vivono in Turchia.
Secondo un bollettino del ministero dell’Interno, nell’ultima settimana le operazioni antiterrorismo in Turchia hanno portato a più di duemila arresti. La stragrande maggioranza riguarda persone legate al PKK (999) e alla rete di associazioni che fanno capo a Gülen (966). Sono 70 i sospettati di far parte dell’ISIS, 28 i militanti di gruppi di estrema sinistra.
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