Un studio condotto da prestigiose università italiane si è dedicato all’analisi del voto consegnato domenica 26 maggio nelle urne per le europee e le amministrative, dove un’affluenza sempre più bassa, nelle precedenti tornate elettorali – 2004 (71,72%), 2009 (65,05%), 2014 (57,22) – fino al 56,09% appena registrato, rimarca e consolida la ben nota disaffezione che continua a far crescere il partito del non voto.
Il voto, un diritto inviolabile protetto dalla nostra costituzione (articolo 48) e al tempo stesso un dovere civico.
Domenica scorsa il 56,09 % degli aventi diritto – circa 30 milioni sui 51 aventi diritto – ha decretato il successo della Lega, la sconfitta del Movimento 5 Stelle, il prosciugamento del potenziale bacino di espansione del Pd. Sono questi i tre principali elementi delle Elezioni europee, rispetto alle politiche, su cui ha ragionato uno studio condotto dalle Università di Milano, Siena e Torino, in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia.
La ricerca suggerisce che l’espansione del bacino elettorale della Lega è sostanzialmente dovuta ad ex-elettori di Forza Italia e ad elettori che nel 2018 hanno votato per i 5 Stelle. Di questi ultimi, il 29% dice che la probabilità di votare per la Lega è superiore al 50%; il 14% di questi invece esprime una probabilità superiore al 50% di votare per il PD.
In un quadro di sostanziali perdite, i 5 Stelle tengono meglio nel Sud. Riguardo il Partito democratico, invece, secondo la ricerca “colpisce il fatto che il Pd sia con ridotti margini di sovrapposizione con altri partiti. Ormai non corre più il rischio di perdere elettori a differenza di Forza Italia che ne vede molti attratti da Lega o FdI. Ma allo stesso tempo, si trova in una posizione isolata, con potenziali alleati di sinistra o centro-sinistra ridotti al lumicino e con difficoltà ad incrociare nuovi elettori disposti a votarlo”.
Lo studio ha messo a confronto anche la presenza sui media dei leader dei principali partiti e movimenti, i temi trattati e le piattaforme di comunicazione che maggiormente hanno condizionato l’opinione degli elettori.
Matteo Salvini è il leader più visibile e più social, mentre l’attenzione sui media per l’Europa è cresciuta negli ultimi cinque anni passando dal 20% del 2014 al 33% nel 2019.
A livello aggregato la “politica” ha monopolizzato il dibattito della campagna elettorale, seguono i temi economici, mentre si rileva la totale assenza del tema ambientale.
In controtendenza con i dati sulle principali preoccupazioni dell’elettorato che sono la disoccupazione, seguita dai cambiamenti climatici e dalla precarizzazione del lavoro. I cambiamenti climatici preoccupano soprattutto gli elettori di PD, M5S e, in misura minore, di FI.
A.B.
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