A Berlino, via Madrid sponda Bernabeu. I due luoghi simbolo del calcio italiano a far da testimoni all’impresa della Juventus, in finale di Champions 12 anni dopo la beffa dagli undici metri maturata in un altro teatro storico, quello dei sogni di Manchester che mutò in incubi le nottate a seguire dei tifosi bianconeri. Ieri sera, invece, la squadra di Allegri ha portato a termine quella mission dipinta come quasi impossible alla vigilia ma poi resa via via sempre più possibile strada facendo. Soprattutto dopo l’affermazione sui blancos spagnoli nel match di Torino. Una vittoria ben più autorevole e convincente di quanto espresso dallo striminzito 2-1.
Morata ha appena piegato le mani a Casillas per l’1-1
La Juve ha strappato un 1-1 nella tana dei rivali, soffrendo il giusto (e sarebbe stato assurdo il contrario), limitando al minimo i tremori indotti dal tanto decantato “miedo escènico” e andrà a sfidare nell’atto conclusivo, nuovamente indossando i panni dell’underdog, il Barça del trio delle meraviglie. Aveva iniziato bene, la squadra di Allegri, tenendo egregiamente il campo nel primo quarto d’ora, poi era finita alle corde, complice un’ingenuità colossale di Chiellini, andato a cozzare in piena area contro un James Rodriguez che non poteva chiedere di meglio. Il sacrosanto rigore veniva trasformato da CR7 (molti lo chiameranno ora CR77, tanti sono i gol del portoghese in Champions, almeno sino alla prossima edizione) e trasformava anche il film della partita che diventava un monologo madridista sino ai primi dieci minuti della ripresa. Alle corde, la Juve, ma sempre in piedi e proprio da lì nasceva una reazione degna del miglior Muhammad Ali, in grado di incassare ad oltranza pugni tremendi in attesa del momento propizio per invertire l’inerzia dei propri match. Lo stesso Ronaldo e Benzema (paratona di Buffon) andavano vicini al raddoppio, ma dopo la sfuriata il Real di Ancelotti confermava di esser arrivato al momento cruciale della stagione a corto di fiato. Respirava, dopo qualche minuto di pressione, nella ripresa la squadra di casa e lì la Juve costruiva la sua notte da leggenda: Marchisio ci provava da fuori e fuori, ma di poco, andava la sfera. Il preludio al pareggio con un Pogba, fin lì sottotono, bravissimo a prendere l’ascensore e a tenere vivo un pallone davvero d’oro per il grande ex di turno, Alvaro Morata, che, come all’andata, andava a castigare i suoi vecchi compagni: stavolta, stoppando di petto in piena area, prima di saettare in porta un missile che Casillas poteva solo sfiorare. Da lì, l’ovvia reazione madridista, furente ma priva di lucidità, regolarmente arginata dal muro difensivo eretto da un Allegri che, nuovamente, dava sfoggio di sapienza tattica, passando, e per l’ennesima volta in corso d’opera, dalla difesa a quattro a quella a tre con l’inserimento della classe e dell’esperienza di Barzagli. Esattamente il binario (o il film, se volete) preferito da Madama. Mancava, e tanto, al Real la real regia di Modric ma per i campioni d’Europa non possono esserci scuse: quando si allestisce una corazzata di simili proporzioni, gli infortuni non devono mai costituire un alibi. CR7 dimostrava di non essere in grande condizione e, nel convulso finale, si faceva vedere poco e poco lo cercavano i confusi compagni. Accadeva così che le occasioni migliori capitassero sulla testa, non proprio da bomber di razza, di un criticatissimo Gareth Bale. La Juve si salvava ma non si limitava all’eroica difesa del fortino: erano bianconere (blu, per una notte), infatti, le palle-gol più clamorose, in cima quella di Marchisio su cui Casillas ritrovava d’incanto l’antico riflesso.
Ma era la notte della Juve e ora, lungi dal confondere un successo di una squadra che tra i confini nazionali rappresenta un unicum con quello dell’intero calcio italiano che, pur in ripresa, resta sempre in difficoltà, godiamoci tutti la gioia del mucchio blu ebbro di felicità in mezzo al Bernabeu, costretto peraltro ad applaudire l’uscita del maestro Pirlo (e comunque chapeau al pubblico merengue, ce ne fossero di così sportivi anche da noi). Fino alla notte del 6 giugno tutti, juventini e non, saremo berlinesi.
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