Non c’è trucco, non c’è inganno. Nelle Filippine, uno dei due Paesi asiatici a maggioranza cristiana (l’altro è Timor Est), i cattolici che rappresentano l’81 per cento della popolazione, sono soliti rinnovare ogni anno, a Pasqua, il rito della passione di Cristo. Lo fanno con pratiche cruente: vere crocefissioni e flagellamenti che lasciano profonde ferite. Il rito è osteggiato dalla chiesa ufficiale ma fortemente radicato nel culto popolare.
Ecco cosa accade durante la settimana santa. Uomini e donne, nella rivisitazione delle ultime ore della vita di Gesù, arrestato imprigionato e condannato dagli ebrei alla morte in croce, quella destinata ai malfattori, creano nelle strade di un piccolissimo centro nelle vicinanze di Manila, la capitale, un lungo corridoio umano che percorre chilometri su chilometri con il corpo avvolto solo da un lenzuolo, niente calzari e con una corona di spine sul capo.
Tra loro c’è anche il condannato alla crocifissione simulata che inizia il suo percorso dal ‘bacio di Giuda’ e il giudizio di uno pseudo Ponzio Pilato e seguita con il trascinamento della croce, posta sulle spalle, fino al colle dove verrà issata. La gente ai lati della strada insulta e fustiga il condannato che una volta raggiunta la cima viene realmente crocefisso con chiodi che trapassano mani e piedi, immersi molto tempo prima dell’esecuzione, nell’alcool etilico per attenuare il dolore ed evitare infezioni. I polsi, a differenza di Gesù, vengono legati con funi resistenti alla croce di legno, in modo che il peso del corpo, una volta innalzata la croce, sia sostenuto dalle stesse.
Intorno alla croce turisti, curiosi, persone inginocchiate in preghiera e flagellanti che, con fruste di bambù, continuano a frustarsi dall’inizio del rito. Mentre i nuovi Gesù continuano la loro agonia, invasati svolgono banchetti con vino e balli tradizionali, fino alla deposizione definitiva.
A scegliere la crocefissione non sono solo uomini: nel 2005 una donna, Mary Jane Marangon, di 30 anni, si prestò a sostenere il rito che portò il Figlio di Dio alla morte. Ma nel momento in cui i chiodi penetrarono le sue mani svenne per il dolore, provocando panico tra il pubblico e l’intervento dei medici. Sono comunque molte le ‘vittime’ che perdono i sensi: in alcuni casi occorre anche l’intervento del rianimatore.
Il rituale, portato dai missionari spagnoli durante l’epoca coloniale, ha messo solide radici nella cultura popolare della zona. Tradizione, che è stata sconfessata più di una volta dalla Chiesa Cattolica e da Papa Giovanni Paolo II, perché macabra e insensata. Ma, nonostante la posizione anche dell’arcivescovo Oscar Cruz che ha chiesto
Testimonianze raccontano di come, ai cigli della strada, verso il colle della “salvezza”, da anni ormai, ci siano venditori ambulanti di orripilanti souvenir, come frustini e chiodi utilizzati nell’anno precedente, venditori di ombrelli, per il riparo da pioggia o sole, oppure altri disgraziati con piccoli frigoriferi da asporto al seguito, per la rivendita di acqua e coca-cola.
al Vaticano un intervento di forza maggiore, perché terminino le crocifissioni, ogni anno migliaia di curiosi e di penitenti, si recano in flussi constanti nei paesini dove questa pratica rispetta puntualmente la tradizione di verità.
Perché ci siano persone che si prestano a questa pratica è complesso. A volte a spingerli è la speranza o la convinzione che, ripercorrendo il sacrificio del Figlio di Dio per la salvezza dell’umanità, i loro peccati vengano cancellati. Oppure che possano così ottenere la guarigione di un familiare o la possibilità di uscire da quella miseria assoluta che li affligge, spesso dovuta alle grandi calamità naturali che, ogni anno, colpiscono la zona delle Filippine.
Tutt’intorno, invece, un altro rito altrettanto orribile: sulla strada verso il colle della “salvezza”, decine e decine di venditori ambulanti con souvenir come frustini e chiodi utilizzati l’anno precedente. Il tutto, ovviamente, annaffiato da lattine di coca-cola che in questi paesi non mancano mai.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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