Quando il cabin crew ci annuncia che stiamo atterrando, sono passate circa 17 ore da quando abbiamo lasciato l’aeroporto di Fiumicino. Una continua alternanza tra notte e giorno, sonno, pranzi indecifrabili e film americani finché, se Dio vuole, stiamo sbarcando all’aeroporto internazionale di Manila.
Ci accoglie una folla enorme di curiosi in short, canottiera e ciabatte, tutti armati di un sorriso a 32 denti come se stessero aspettando proprio te, quasi fossi un parente che non vedono chissà da quanto tempo.
Interrogo il mio tassista sul motivo di tanta gente in aeroporto e mi risponde che non c’è nessun motivo. E’ una cosa normale che succede tutte le sere. E’ un’abitudine dei filippini che, per combattere la calura che aggredisce pure la notte, trascorrono ore in aeroporto per prendere un po’ di fresco, salutare i nuovi arrivi e per curiosare un po’. A quell’ora c’è gente ovunque. D’altronde Manila, con una densità di oltre 68 mila abitanti per chilometro quadrato, è la città con la più alta densità abitativa al mondo.
Arriviamo finalmente in albergo, é l’una di notte e fuori ci sono circa 30 gradi con umidità al 95 per cento.
Ci ospita il Manila Hotel, un albergo fantastico a 5 stelle e più, antica sede del governatore spagnolo delle Filippine.
Qui il lusso ha un significato diverso dal nostro. Allo sfarzo degli ambienti, si aggiunge un calore e una disponibilità del personale dell’albergo che immediatamente ti predispone favorevolmente verso questo popolo.
La mattina successiva Manila si presenta ai nostri occhi in tutte le sue contraddizioni e ci coinvolge profondamente con i suoi rumori ed i suoi odori. Dai bambini che per guadagnarsi pochi centesimi si tuffano dall’alto degli Intramuros in una maleodorante fogna a cielo aperto che osano chiamare fiume Pasig, alle famiglie disperatamente povere che, nel quartiere di Tondo, ti invitano ad entrare nelle loro case per offrirti qualcosa da bere o da mangiare semplicemente per il piacere di essere gentili ed ospitali a prescindere dal fatto che tu li ricompenserai con una piccola mancia.
Confinante con Tondo, che è quanto di più povero e miserabile possa esistere al mondo, sorge il quartiere commerciale e della finanza di Makati. E’ come passare in un secondo dalla luce abbagliante al buio più profondo. Dal gelo al bollente.
La sera, in Mabini Street , giovani adolescenti di ambo i sessi , accompagnandosi con opulenti turisti americani, fingono un improbabile rapporto di affetto tenendoli per mano o facendosi abbracciare, per non accettare la triste realtà di prostituzione che rappresenta l’unico sostentamento possibile per loro e per le loro famiglie.
Nelle Filippine, unico paese di religione cristiana dell’oriente, certi valori sono profondamente collegati alla loro cultura ed alle loro tradizioni. Ma la miseria è più forte di tutto e , a volte, i compromessi con la propria coscienza sono l’unica via di scampo per la sopravvivenza.
Giro per i viali del Rizal Park incrociandomi, anche a tarda notte, con spazzini comunali che provvedono a rimuovere erbacce e miseri giacigli lasciati dalle tante persone che hanno deciso di passare la notte sdraiate sul prato del parco.
Quegli stessi spazzini, di giorno sono ancora là, sotto un sole accecante, proseguendo il loro lavoro quasi che svolgessero quel compito per passare il tempo in qualche modo.
Le donne dalla media borghesia in su, di giorno invece , si riparano sotto un caratteristico ombrellino, per non abbronzarsi, cosa questa riservata unicamente al popolo più indigente che arriva in città dalle campagne, ostentando la carnagione chiara indice di signorilità.
Occupata dai musulmani prima, dagli americani e dai giapponesi poi, nel 1945 Manila fu liberata dal generale Mac Arthur non senza gravissime perdite della popolazione ricordate ancora oggi come il “massacro di Manila”.
Un capitolo a parte meriterebbero le donne filippine. Purtroppo noi in Italia abbiamo una rappresentazione distorta del modello femminile filippino. Le nostre collaboratrici sono normalmente bassine, minute, di tanta dolcezza ma di scarsa bellezza. Ebbene a Manila forse ho incontrato le più belle donne che abbia mai visto al mondo. A volte bisogna avvicinarsi per scoprire se la persona che abbiamo di fronte è vera, o se è frutto di un’opera artistica in ceramica pregiata. Alte, slanciate, truccate divinamente e di una sensualità uniche in tutta la sfera orientale.
Un aneddoto descrive bene quello che voglio dire. Eravamo seduti in una sala del ristorante del Manila Hotel e, finita la cena, entra una di queste meravigliose creature con tavolino a tre piedi, una candela, una ampolla di whiskey e una scatola dei famosi sigari ritorti “Manila”, roba di gran lusso per gli appassionati, forse i migliori sigari al mondo.
Posta la candela sul tavolino, comincia la preparazione alla “degustazione” dei sigari. Nulla di più sensuale ed allegorico! Con la candela riscalda l’estremità del sigaro,la impregna con gocce di whiskey e, dopo averlo umettato con la bocca, lo offre direttamente nella bocca dei presenti che non devono fare neanche la fatica di aprirla visto che, dopo quello spettacolo,sono già a bocca aperta.
Passo le giornate successive tra musei, chiese,centri commerciali e mercatini rionali. Tutto costa talmente poco che sei disponibile anche a pagare il salato conto dell’extra-baggage in aeroporto. Mobili di Rattan, lavorazioni in corallo, in osso, in ceramica in legno. Il primo pensiero è quello di comprare tutto e aprire un negozio in Italia. Poi pensi ai costi di spedizione e lasci perdere.
Con il trascorrere del tempo scopri che, come un fiume carsico, l’amore verso questa città ed i filippini in generale, ti è entrato di nascosto nell’anima e , ora che è il momento di partire, ti senti come se lasciassi casa per tornarci chissà quando. Senti che questo popolo buono ti vuole bene, che loro hanno bisogno di te e che tu hai bisogno di loro se non altro per riscoprire i valori “veri” della vita, raggiungibili anche nella miseria e che non si comprano con i soldi. Qui il tempo si è fermato, non esiste l’ossessione della fretta. Gli appuntamenti si prendono “philipino time”. Ciò vuol dire che se l’appuntamento è ad esempio per le 5, capiterà di vederci anche alle 6 o alle 7, non importa, nessuno se la prende, è philipino time. Per tutto il resto “Ualan problema”, non c’è problema, “take it easy” prenditela con calma.
Il giorno della partenza, ritrovo la stessa moltitudine festante in aeroporto che mi saluta con il classico Mabuhay ed al suono della loro canzone preferita “Ligaia “ che in tagalog, così si chiama la loro lingua locale, esprime un concetto più che una parola: vuol dire felicità, gioia di vivere. E’ proprio questo che ti lascia un viaggio nelle Filippine, tanta gioia di vivere, tanta felicità e tanta tanta voglia di tornarci.
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