Dobbiamo solo augurarci che tra gli obiettivi del terrorismo internazionale, islamico o meno, non ci sia l’Italia o Roma e tantomeno l’aeroporto internazionale di Fiumicino. E’ una speranza s’intende, perchè se qualcuno volesse affondare la spada irrazionale e folle della vendetta contro Cristianesimo e civiltà decadente dei consumi nel ventre molle d’Europa, non dovrebbe fare altro che guardare all’Italia e all’approssimazione con cui l’attuale ministro degli Interni Angelino Alfano guida l’apparato della sicurezza nazionale.
Ma è bene partire proprio dallo scalo aereo della capitale per comprendere come ormai l’Italia sia estremamente esposta nei confronti di eventuali attacchi terroristici. Pochi giorni fa proprio a Fiumicino, in piena notte, a causa di un cortocircuito scattato in un centro commerciale, è divampato un incendio furioso che ha di fatto distrutto il terminal tre dello scalo lasciando l’intero hub, per tre giorni, praticamente inutilizzabile. L’incendio è stato fortuito, casuale. Di questo ormai c’è certezza ma ci sarebbe da chiedersi: è mai possibile che possa prendere fuoco e diventare cenere un terzo dell’intero scalo romano, senza che sistemi di sicurezza elettronica o vigilanza umana avvertissero per tempo l’immane disastro che si stava preparando? E se invece che un contatto o un surriscaldamento di fili fosse stata una mano assassina a dare il via all’apocalisse? Magari non di notte ma di giorno con decine di migliaia di persone in giro per il terminal? Probabilmente avremmo fatto i conti con ben altri numeri e con ben altre tragedie.
Ma veniamo a quanto successo stanotte. Poco dopo le dieci un aereo dell’Alitalia diretto a Istanbul, mentre era in fase di rullaggio e già si muoveva sulla pista è stato bloccato da tre algerini che, attivato il sistema di emergenza di bordo hanno fatto aprire gli scivoli calandosi a terra e dileguandosi nel buio facendo perdere le proprie tracce senza che nessuno riuscisse a bloccarli a bordo, e tantomeno riuscisse a rintracciarli, dopo, a terra. Spariti nel nulla. Come ha dovuto ammettere con estremo imbarazzo la stessa polizia italiana dopo affannose quanto inutili ricerche.
L’episodio già grave per le modalità in cui è avvenuto, diventa ancora più sconcertante se si pensa che secondo una denuncia del Consap, un sindacato autonomo di polizia, da Fiumicino nel solo 2014 erano sfuggiti al controllo delle autorità più di cinquecento nordafricani. Con modalità più o meno analoghe alla fuga della notte scorsa. Si può parlare del Leonardo da Vinci come di un aeroporto sicuro? Polaria e ministero dell’Interno parlano eufemisticamente di situazione “sotto controllo” ma sono costretti ad ammettere che il fenomeno c’è, anche se non presenta pericoli. Risposte criminali dette in clima da “tutti a casa”.
Frasi increbili. Al limite dell’indecenza. E non bisogna dare fiato a qualche strumentale polemica politica scatenata dalle opposizioni, per capire che non è più tempo di parole ma di fatti. La verità è che Fiumicino è un colabrodo in quanto vigilanza e sicurezza non funzionano e rappresentano un vulnus pericolosissimo per la protezione di impianti e cittadini. Questo è chiarissimo nella sua brutale realtà. Quello che più brucia e preoccupa però è l’atteggiamento di sufficienza del governo e di Alfano in particolare, quando esclude che a Roma esistano organizzazioni che dietro lauti compensi, aiutano i clandestini ad entrare ed uscire quando vogliono dallo scalo e dal Paese. E se un domani a chiedere di usufruire di quella rete fossero terroristi? E’ su questo che Alfano dovrebbe riflettere dicendo chiaramente come intende risolvere il problema del buco nero dell’aeroporto Leonardo da Vinci.
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