Mentre a due giorni dalla fumata bianca del Conclave riunito nella cappella Sistina e il 74% degli intervistati da SkyTg24 ritiene che la Chiesa riuscirà a superare le difficoltà degli ultimi tempi grazie a Papa Francesco, figura austera ma con le caratteristiche giuste per riproporre al mondo il vero volto di Cristo, già si insinuano voci sul passato di Jorge Mario Bergoglio ritenuto ‘collaborazionista’ del regime del presidente argentino Videla. Ma, come scrive Avvenire, su questa accusa “si annusa il veleno della macchinazione”. Alla voce “Bergoglio” infatti non viene attribuito alcun soprannome, né codice, né altro, come invece accadeva per gli altri informatori e doppiogiochisti. Si tratterebbe dunque di una montatura che si avvarrebbe soltanto di alcune foto grossolanamente taroccate. Dal New York Times fino al foglio argentino Pagina 12, sono in diversi a riportare queste accuse di «connivenza» con i militari. Ma sono tante, certamente di più, le testimonianze che lo scagionano.
«Papa Francesco vicino alla dittatura militare argentina? Niente affatto», sostiene con decisione Adolfo Maria Perez Esquivel, difensore dei diritti umani e nel 1980 Premio Nobel per la Pace, conferitogli proprio per le denunce contro gli abusi dei militari negli anni Settanta. Perez Esquivel non esita ad affermare che nella Chiesa cattolica «vi siano stati ecclesiatici complici della dittatura», ma assicura che «Bergoglio non era uno di loro». L’ex arcivescovo di Buenos Aires, osserva, «è sotto tiro perché dicono che non ha fatto quello che doveva per far liberare due sacerdoti (in realtà poi scarcerati, ndr) quando era superiore dell’ordine dei gesuiti. Ma io so personalmente – rivela il Nobel argentino – che molti vescovi hanno chiesto alla giunta militare la liberazione di prigionieri e sacerdoti, e non fu concessa».
Anche Graciela Fernandez Meijide, ex membro della Commissione Nazionale sui desaparecidos, creata dopo il ritorno alla democrazia, ieri è stata categorica: «Non mi risulta che Bergoglio abbia collaborato con la dittatura, lo conosco personalmente. Ho sofferto per la scomparsa di un figlio. Perez Esquivel è stato quasi ammazzato dai militari. Ma non si può dire che tutti i religiosi erano complici della dittatura, è un’assurdità». Tra gli ex dissidenti, vi sono però voci discordanti. Estela Carlotto, a capo delle nonne di Plaza de Mayo, dice di non avere un’opinione precisa sul comportamento «di Papa Francesco al tempo della dittatura». Ma subito aggiunge: «L’importante per me è sapere che il Papa vuole promuovere la pace, la fratellanza e l’amore per il prossimo».
E c’è anche la testimonianza inedita di un oppositore, a quel tempo particolarmente inviso al regime. «Alle volte Bergoglio ci faceva diventare pazzi. Sembrava si trovasse in due posti nello stesso momento», raccontò una volta un vecchio agente della polizia segreta. Padre Jorge Mario sapeva di essere finito nella lista nera delle personalità da spiare notte e giorno. E con lui anche un giovane che finirà a lavorare in Vaticano e che adesso, non volendo riflettori su di sé, implora di restare anonimo. Bergoglio, che a quel tempo non era ancora vescovo, s’era accorto che il ragazzo gli somigliava parecchio. Fu proprio il futuro pontefice a fargli indossare gli abiti da sacerdote, tanto che i servizi segreti si mettevano a pedinare quest’ultimo anziché il padre gesuita. Episodio confermato dallo stesso Bergoglio, quando venne interrogato dalla commissione d’inchiesta sugli anni del regime. «Ho fatto scappare dal Paese, passando da Foz do Iguacu (città nel Sud del Brasile al confine con l’Argentina, ndr), un giovane che mi somigliava molto, dandogli la mia carta d’identità e vestendolo da prete: solo così potevo salvargli la vita». «Abbiamo una lunga esperienza di come vanno le campagne negative nei confronti della Chiesa», dice per nulla preoccupato il portavoce della Santa Sede, padre Lombardi, «non mi stupisco di nulla. Chi vuole lanciare notizie negative su qualcuno, ovviamente e purtroppo, aspetta il momento giusto anche per avere più audience».
«Abbiamo la coscienza a posto – ribadisce padre Lombardi – Si va avanti con una linea chiara, che è poi la caratteristica di questo Papa e che gli dà credibilità».
A.B.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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