Quattordici anni dopo i fatti di Genova all’epoca del G8, la Corte Europea dei diritti umani si è pronunciata sull’irruzione della polizia nella scuola Armando Diaz. Il blitz programmato per la notte del 21 luglio 2001, a conclusione del G8, “deve essere qualificato come tortura“.
La decisione dopo il ricorso di Arnaldo Cestaro, presentato il 28 gennaio 2011, dove si invocavano gli articoli 3,6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sostenendo che i responsabili delle violenze nei suoi confronti non erano stati sanzionati in maniera adeguata, in particolare per la sopraggiunta prescrizione di alcuni reati (le lesioni semplici e aggravate), per le riduzioni di pena di cui alcuni imputati hanno beneficiato (in particolare, l’indulto) e per l’”assenza di sanzioni disciplinari” verso agenti e dirigenti coinvolti (che anzi fecero carriera negli anni successivi, fino alla sentenza di Cassazione, con conseguente interdizione dai pubblici uffici).
Cestaro, militante vicentino di Rifondazione comunista, 62enne all’epoca del pestaggio, uscì dalla Diaz uscì con fratture a braccia, gambe e costole. Negli anni successivi fu più volte operato, ma il referto dei medici genovesi sottolineò “l’indebolimento permanente dell’organo della prensione e della deambulazione”. A lui è stato riconosciuto dalla Corte di Strasburgo un risarcimento di 45 mila euro.
“Tenuto conto della gravità dei fatti avvenuti alla Diaz la risposta delle autorità italiane è stata inadeguata”, affermano i giudici della Corte europea, in primo luogo perché i responsabili materiali delle percosse subite da Arnaldo Cestaro non sono mai stati identificati, anche perché “la polizia italiana ha potuto impunemente rifiutare alle autorità competenti la necessaria collaborazione per identificare gli agenti che potevano essere implicati negli atti di tortura”. In secondo luogo perché alla fine del procedimento penale nessuno ha pagato per quanto è accaduto a Cestaro e agli altri manifestanti picchiati. Al processo, infatti, nessun poliziotto è stato condannato per specifici episodi di violenza (la maggior parte degli agenti aveva il volto coperto da caschi e foulard). Hanno “resistito ” alla prescrizione quasi esclusivamente i reati di falso legati alla redazione dei verbali di arresto. “Questo risultato – dice la Corte – non è imputabile agli indugi o alla negligenza della magistratura, ma alla legislazione penale italiana che non permette di sanzionare gli atti di tortura e di prevenirne altri”. Secondo i giudici, di fronte al reato di tortura la legislazione deve essere tale da escludere l’intervento di “prescrizione, amnistia, grazia”.
“La Corte – si legge nel documento pubblicato sul sito istituzionale – ha riscontrato una violazione dell’articolo 3 della Convenzione, a causa dei maltrattamenti subiti da Cestaro e di una legislazione penale inadeguata per quanto riguarda sanzioni contro gli atti di tortura e misure dissuasive che prevengano la loro reiterazione”. La Corte di Strasburgo rileva che il carattere del problema è “strutturale” e richiama l’Italia a “stabilire un quadro giuridico adeguato, anche attraverso disposizioni penali efficaci”, munendosi di strumenti legali in grado di “punire adeguatamente i responsabili di atti di tortura o di altri maltrattamenti”, impedendo loro di beneficiare di misure in contraddizione con la giurisprudenza della Corte stessa. Dopo il G8 di Genova il Parlamento discusse dell’introduzione del reato di tortura, ma non se ne fece nulla soprattutto per l’opposizione della Lega nord.
Il reato di tortura non è contemplato nel nostro ordinamento, nonostante gli obblighi internazionali assunti, in particolare con la ratifica dellaConvenzione di New York del 1984. La Corte europea dei diritti umani, dunque, ha condannato l’Italia non solo per quanto fatto a uno dei manifestanti, ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura.
I fatti della scuola genovese Armando Diaz sono avvenuti durante la riunione dei capi di governo dei maggiori Paesi industrializzati che si è svolta nel capoluogo ligure da venerdì 20 luglio a domenica 22 luglio 2001. Le scuole Diaz, Pertini e Pascoli, erano divenute centro del coordinamento del Genoa Social Forum, un’aggregazione di movimenti, partiti e società civile che contesta la globalizzazione capitalista, guidato da Vittorio Agnoletto, Nei giorni precedenti la città di Genova era stata teatro di manifestazioni dei movimenti no-global e di associazioni pacifiste contro la presenza del G8. Durante una di queste aveva trovato la morte il manifestante Carlo Giuliani, ucciso da un poliziotto con un colpo di pistola mentre stava gettando una bottiglia molotov all’interno di un blindato delle forze dell’ordine. Alla Diaz la notte del 21 luglio hanno fatto irruzione i reparti mobili della Polizia di Statp di Genova, Roma e Milano, con il supporto operativo dei Carabinieri. Il risultato fu di 93 attivisti fermati, 61 portati in ospedale, 3 dei quali in prognosi riservata, e uno in coma. Finirono sotto accusa 125 poliziotti, compresi dirigenti e capisquadra, per quello che fu definito un pestaggio da “macelleria messicana” dal vicequestore Michelangelo Fournier.
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