“Il destino è quel che è..” e, come spesso capita nella vita reale, può riservare successi ma anche lutti e malattie inesorabili, come l’Alzheimer, che portano a una progressiva degenerazione cerebrale. E’ successo al popolare e simpatico ‘dottor Frankestein’, ovvero l’attore Gene Wilder, che nella pellicola cinematografica – una delle parodie più riuscite del romanzo di Mary Shelley – sognava appunto di non avere più scampo a causa di un destino impietoso, ci ha lasciati. Si è spento ieri, a 83 anni da poco compiuti, nella sua casa di Stamford, in Connecticut, a causa di complicazioni per il morbo di Alzheimer da cui era affetto.
Era tra gli attori preferiti del regista Mel Brooks, con il quale ha girato nel 1974 il film che gli ha tributato maggiore successo, “Frankestein Junior” , del quale sua era l’idea e la sceneggiatura. Frankenstein Junior è stato e rimane un capolavoro di comicità analizzato e studiato dalla critica in modo minuzioso: ne sono state recuperate scene tagliate (reinserite nella versione dvd), rilevate tutte le citazioni (sapienti), contati i tanti bloopers, ovvero gli errori sfuggiti al controllo di regista, montatore e produttore. Ma soprattutto, negli anni, è stato scomposto dai fan in frammenti audio e video, in scene e battute che si tramandano come un codice, compiaciuto e condiviso, di generazione in generazione. Qualche esempio? Ab-normale, come il cervello che viene trapiantato sul Mostro dopo che Igor ha fatto cadere in terra la teca con cervello richiesto dallo scienziato e per rimediare ha portato quello classificato come “A.B.Norme”, ignaro delle conseguenze che avrebbe provocato. Un altro: la celebre gag sull’assonanza werewolf (lupo mannaro) – “where wolf?” (“dov’è lupo”) con Igor che risponde: “There. There wolf, there castle” (Lupo lì, castello là) che nella traduzione diventa “Lupo ululà, castello ululì”.
Quello che forse non tutti sanno, però, è che, al di fuori dei paesi anglofoni, il capolavoro di Wilder-Brooks ha avuto un successo incomparabile solo in Italia, dove ad oggi risulta il dvd più venduto di sempre con oltre 500.000 copie.
Gene Wilder passa alla storia del cinema con numerose altre pellicole. Tra queste, “Willy Wonka & the Chocolate Factory”, la “Fabbrica di Cioccolato”, del ’71: all’inizio si rivela un flop commerciale, a causa di un umorismo a tratti crudele, ma col tempo diventa un film cult. Nel 1972, Wilder trecita uno degli episodi più divertenti di “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso” (ma non avete osato chiedere), di Woody Allen.
L’attore comico, nominato due volte al premio Oscar, all’anagrafe era registrato come Jerome Silberman. Era nato l’11 giugno 1933 a Milwaukee, in Wisconsin, da una famiglia di ebrei russi immigrati. Terminati gli studi universitari negli Stati Uniti, Wilder si era trasferito in Inghilterra, dove ha frequentato la Bristol Old Vic Theatre School, avvicinandosi per la prima volta al mondo dello spettacolo. Durante il soggiorno nel Regno Unito, aveva frequentato anche una scuola di scherma, disciplina che gli è tornata utile al rientro in patria dove, per mantenersi, ha dato lezioni di scherma. Esordisce nei teatri off-Broadway, entrando inoltre a far parte dell’Actor’s Studio. Il debutto sul grande schermo arriva nel 1967, con il film “Gangster Story” di Arthur Penn. La svolta per la sua carriera però coincide con l’inizio del sodalizio – che diverrà poi storico – con il geniale Mel Brooks.
Prima arriva la candidatura all’Academy Awards come Miglior attore non protagonista per il ruolo di Leo Bloom in “Per favore, non toccate la vecchietta“, poi il successo con la parodia “Frankenstein Junior” (1974), dove veste i panni del Dottor Frederick Frankenstein. La pellicola si aggiudica il premio Oscar per la Miglior sceneggiatura, che lo stesso Wilder stila a quattro mani con Brooks. Fra i suoi più grandi successi ci sono anche “La signora in rosso“, con Kelly LeBrock, “Non guardarmi: non ti sento” (1989) e “Non dirmelo… non ci credo” (1991).
Il 20 maggio 1989 una tragedia segna la vita di Wilder: la sua terza moglie, Gilda Radner, muore di tumore. L’attore fonda così il Gilda’s Club, per aiutare la ricerca contro il cancro. Un decennio dopo, a 65 anni di età, lo stesso Willer è costretto a ritirarsi dalle scene a causa di un linfoma che lo costringe a sottoporsi a frequenti sedute di chemioterapia. Poi il lento declino dell’Alzheimer.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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