“È il segnale che c’è chi, nei palazzi qua intorno, sta seriamente pensando di ridimensionare l’Anac“. Non nasconde la sua perplessità Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione dopo aver saputo della modifica al codice degli appalti che non includeva più tra i poteri del garante quello di inviare alle imprese appaltanti una ‘raccomandazione vincolante’ in caso di gravi anomalie.
“Sono perplesso e preoccupato da questa vicenda nel suo complesso – dice -, non solo per la norma specifica in sé, ma per come è emersa questa scelta, all’insaputa del Parlamento, perché fatta in questo modo diventa un segnale negativo, quasi un atto ostile nei nostri confronti”. Le domande che si fa Cantone sono tante, scrive il quotidiano: “Chi è stato?”, “perché lo ha fatto?”, e “perché ha agito così di nascosto?”. “Nessuno può pensare che ci siano stati degli abusi – è il ragionamento di Cantone -, per la semplice ragione che questa norma non è mai stata utilizzata”.
Il dato più preoccupante è la norma, presente nella riforma varata nel 2016 e scomparsa nella versione aggiornata e corretta passata in Consiglio dei ministri il 13 aprile scorso, era passato in sordina e ora il testo rischiava di diventare legge in questa forma.
Ad accorgersi della differenza era stato il senatore che ha seguito il provvedimento da relatore in commissione Lavori pubblici, Stefano Esposito, Pd. La notizia è poi subito rimbalzato in rete ed è arrivata fino a a Washington, dove il premier Paolo Gentiloni in missione negli Usa, si è messo in contatto con Raffaele Cantone per rassicurarlo sul fatto che il Governo non ha alcuna volontà di ridimensionare i poteri dell’Anticorruzione.
In effetti, la riforma del Codice appalti è stata approvata nel 2016 con il vincolo di una revisione un anno dopo. Cosa che si è fatta con un testo correttivo. Ma alle Camere, nelle commissioni competenti, di abrogare la norma su Anac non si è mai parlato, assicura Esposito. Qualche dubbio lo aveva espresso il parere del Consiglio di Stato. Sta di fatto che la modifica spunta dopo l’iter parlamentare e dopo l’ok del Cdm. Il testo, già vidimato dalla Ragioneria dello Stato, era ormai pronto per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. “Mi auguro – ha affermato Esposito – sia un mero errore materiale da parte degli uffici di Palazzo Chigi. Quel comma va reintrodotto, è un punto qualificante per prevenire casi di corruzione”.
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