Poco più di un’ora di discorso, una scaletta scritta nei fogli ma frequenti digressioni a braccio con il dettaglio di una disinvolta mano in tasca: il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha parlato per un’ora e nove minuti, dalle 14.08 alle 15.17, nel suo esordio in un’aula parlamentare. In tribuna, tra gli altri, la moglie Agnese, madre dei suoi tre figli, e il fedele consigliere Marco Carrai. Forse anche a causa della sua proposta, reiterata oggi in aula, di abolizione del Senato elettivo, palazzo Madama non gli ha tributato un successo eccessivo: diciassette, venti se si conta qualche timido tentativo subito abortito, gli applausi che hanno interrotto il suo discorso di insediamento, alcuni dei quali piuttosto incerti e limitati ai banchi del Pd. Per fare un paragone, Enrico Lettaalla Camera il 29 aprile del 2013 era stato interrotto per quarantacinque volte dai battimani dei deputati. Il primo applauso è stato polemico, in realtà: quello dei senatori del Movimento 5 stelle quando Renzi, ricostruendo la genesi del suo tentativo di formare un governo, ha ammesso che si sarebbe anche potuti andare ad elezioni anticipate. Erano passati già nove minuti di silenzio dall’avvio del suo intervento, accompagnato fino a quel momento solo dal brusio ostentato di Roberto Calderoli e degli altri senatori leghisti proprio in occasione della sua idea di poter essere “l’ultimo presidente del Consiglio a chiedere la fiducia al Senato”.
Il primo applauso vero Renzi lo ha ottenuto polemizzando proprio con i senatori stellati: “Sono segretario di un partito – ha detto replicando al loro rumoreggiare sull’ipotesi elezioni – che non ha mai avuto paura di andare alle urne, anche quando i sondaggi non erano positivi, come in Sardegna o in Trentino, e ha vinto. Lo stesso non si può dire di voi”. Il passaggio più applaudito dall’aula di palazzo Madama è stato l’omaggio al suo predecessore Enrico Letta: mentre dai banchi del M5S partiva lo slogan “Matteo stai sereno”, parodia dell’hashtag “Enrico stai sereno” lanciato a suo tempo proprio da Renzi per rassicurare l’allora premier. Altri segni di approvazione dai senatori nei passaggi sulla tradizione europeista, sulla sfida da vincere “per i nostri figli”, su scuola, asili nido, disoccupazione femminile, sull’attacco ai dirigenti pubblici inamovibili, sugli avvocati “che lavorano più dei muratori negli appalti pubblici”.
E ancora sullo ius soli, sui diritti civili, “ci ascolteremo e realizzeremo un compromesso”, sui marò (intenso e sentitamente condiviso dall’ aula), sulla storia della ragazza sfregiata con l’acido e sulla necessità che un eventuale fallimento politico del Governo coinvolga il presidente del Consiglio per primo: “Non ci sono più alibi”. Standing ovation finale dei senatori di centrosinistra (ma qualcuno, come l’ex tesoriere Ds Ugo Sposetti, si è distratto a chiacchierare). Un inizio non facile, ma probbailmente non è stata una sorpresa nemmeno per Renzi.