A Bruxelles si riaprono le trattative multilaterali tra la Grecia e gli altri Stati UE, anche se Atene insiste sulla strategia di finanziamenti a breve da ricevere in cambio di una nuova fase di trattative sul debito e sulle riforme da adottare.
Dopo un incontro dell’Eurogruppo iniziato alle 13, alle 18 è in programma il primo vertice di alto livello dell’Eurozona dopo il referendum di domenica, in cui i greci hanno respinto il piano di aiuti proposto – ma poi superato – dai creditori, e le dimissioni del ministro delle Finanze Yanis Varoufakis.
Secondo indiscrezioni, il premier Alexis Tsipras avrebbe chiesto ai ministri delle Finanze dell’area Euro un nuovo prestito ponte da 7 miliardi per coprire i debiti in scadenza e quelli già scaduti.
Il tesoro di Atene, infatti, lo scorso 30 giugno è entrato in mora nei confronti del FMI per 1,6 miliardi di euro, e se l’istituzione di credito non riceverà quanto dovuto entro il 20 luglio la Grecia sarà dichiarata insolvente, perdendo probabilmente il diritto di voto in seno al Fondo. Intanto, con la messa in mora ha già perso il diritto a ricevere nuovi finanziamenti dalla stessa fonte.
Lo stesso 20 luglio scade anche un’altra rata, di 3,5 miliardi, parte di un prestito concesso ad Atene dalla BCE. Se la Grecia facesse default anche su questa somma, la BCE dovrebbe sospendere anche gli ELA, i prestiti d’emergenza che sta erogando alle banche greche, e che proprio ieri il Consiglio direttivo ha deciso di continuare a versare (ma a condizione di garanzie maggiori).
In questo modo Atene non riceverebbe più liquidità da alcuna fonte internazionale, e il Grexit, già oggi molto probabile, diventerebbe inevitabile.
Secondo le stesse fonti, però, Tsipras avrebbe chiesto il prestito ponte prima di presentare il piano delle riforme richiesto dalle controparti, e questo avrebbe indisposto i negoziatori.
Stamattina il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker ha tenuto un breve discorso al Parlamento europeo. Chiara la sua posizione: “Voglio evitare il Grexit: sono contrario, cercherò di evitarlo fino alla fine”.
L’ex premier del Lussemburgo è tornato a criticare la scelta di indire un referendum a trattative in corso. Gli elettori greci, ha sostenuto, si sono trovati a votare su un testo che “non è più sul tavolo”: “È stato chiesto loro di esprimersi su una cosa inesistente”.
Ma la responsabilità dello stallo non è tutta da una sola parte: “C’è chi di nascosto punta sull’uscita della Grecia”.
Per fare l’interesse di tutti, “è tempo che torni il buon senso ed è tempo di fermare la sparatoria a bruciapelo: lasciare il negoziato è stato un grave errore”.
Juncker è poi tornato a rivendicare il ruolo politico della Commissione, “molto criticata in alcuni Stati specialmente di lingua tedesca”. Altrimenti, ragiona Juncker, per guidarla non si sarebbe scelto lui, che è un politico, ma un alto funzionario.
Ma in questo caso “è sorprendente che riguardo alla Grecia si possano esprimere tutti tranne il sottoscritto”. E lo stesso discorso vale per il Parlamento di Strasburgo e il suo presidente Martin Schulz, “che non è una tigre di carta e può esprimersi”.
“L’UE e la Commissione sono pronte a fare di tutto per arrivare in un arco di tempo ragionevole a un accordo con la Grecia”. Gli obiettivi dell’incontro di oggi sono “mettere ordine, ristabilire la fiducia, riaprire il dialogo e comprendere le posizioni reciproche”. Ma dovrà essere Atene a spiegare “come districarci da questa situazione”.
La Francia sembra puntare al ruolo di mediatore principale. Oggi il primo ministro Manuel Valls ha detto a RTL che “le basi di un accordo per il salvataggio finanziario della Grecia esistono”, e che nelle trattative non ci saranno “tabù”, nemmeno sulla ristrutturazione del debito.
Ieri, a Parigi, il presidente François Hollande e la cancelliera federale tedesca Angela Merkel hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui hanno ripetuto che nella soluzione della crisi servirà tanto la solidarietà quanto la responsabilità.
Secondo il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, “la situazione non si è risolta con la vittoria dei no al referendum greco”. L’accordo per evitare il Grexit dovrà passare per un piano sostenibile di riforme e rientro dal debito, ma “fare il primo passo” è responsabilità del governo di Atene.
“Sappiamo bene che la Grecia è fuori dai parametri e non per colpa dei tedeschi cattivi, ma per responsabilità delle leadership che si sono succedute ad Atene negli ultimi 15/20 anni”, sostiene il ministro.
A favore di un accordo che tenga la Grecia nella UE, comunque, giocano anche “importanti fattori geopolitici” oltre alle ragioni “culturali, sentimentali, storiche”: il rischio è la “totale inadeguatezza politica dell’Europa”, ma si potrà evitare “solo se l’UE ritrova un orizzonte politico”. Serve “un’altra Unione, responsabile, solidale, più integrata, capace di porre il tema della crescita in cima alle sue priorità”.
Gentiloni ha anche criticato, come ieri il presidente del Consiglio Matteo Renzi, l’abitudine dei rappresentanti di Francia e Germania di consultarsi vis-a-vis sui più vari argomenti di interesse comunitario: “Le decisioni in Europa si prendono oggi, non nei vertici bilaterali”.
F.M.R.
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