Ora anche Hamas parla di Intifada. Per il leader del partito islamista armato nella striscia di Gaza, Ismail Haniyeh, la rivolta dal basso è l’“unica strada che può condurre alla liberazione”.
Ai piedi del muro che separa la città della Striscia dalla colonia israeliana di Nahal Oz, cinque manifestanti palestinesi sono rimasti uccisi in scontri con le forze di sicurezza di Tel Aviv dopo una manifestazione di protesta.
A riportare la notizia è l’agenzia palestinese Maan, che cita fonti mediche locali, mentre da parte israeliana non è arrivata alcuna conferma. I feriti sarebbero circa venti.
Intanto proseguono da entrambe le parti le aggressioni a colpi di coltello. Oggi un palestinese ha aggredito un poliziotto israeliano, ferendolo in modo non grave, ed è stato ucciso da altre guardie di sicurezza. L’episodio è avvenuto a Kiryat Arba, colonia israeliana costruita a ridosso di Hebron, nella Cisgiordania occupata.
Un israeliano ha invece attaccato quattro arabi in poche ore a Dimona, nel sud del paese. Le vittime sono state ricoverate in ospedale: due di loro hanno riportato ferite leggere, mentre le altre due sono in condizioni più gravi. Si tratta di tre muratori e un operatore ecologico. Due di loro sono palestinesi, gli altri due arabi israeliani.
L’aggressore, un abitante della colonia, è stato arrestato. Era già noto alle forze dell’ordine: lo ha rivelato alla radio il sindaco di Dimona Benny Biton. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha firmato un comunicato in cui “condanna con forza” l’aggressione: “Israele è uno stato di diritto. Quanti ricorrono alla violenza saranno perseguiti per legge, chiunque essi siano”.
Secondo quanto ha riferito la portavoce della polizia israeliana Luba Samri, l’attentatore di Dimona avrebbe agito con spirito “nazionalistico” per vendicare gli attacchi dei giorni scorsi. L’ondata di episodi violenti, già battezzata dai giornali “Intifada dei coltelli”, è iniziata tre giorni fa. È scaturita dagli scontri scoppiati intorno all’area che i musulmani chiamano “spianata delle Moschee”, gli ebrei “monte del Tempio”.
Nel discorso che ha tenuto durante la preghiera del venerdì nella moschea principale di Gaza, Haniyeh ha chiarito la posizione del suo partito: “La battaglia per Gerusalemme è la battaglia di Gaza e l’Intifada della Cisgiordania è l’Intifada del nostro popolo”. E Hamas “farà sempre tutto il dovuto per appoggiare il popolo palestinese”.
Il termine arabo, che in origine in arabo significa “fremito”, “sussulto”, è comunemente usato per indicare le insurrezioni popolari palestinesi del 1987 – “prima Intifada”, o “delle pietre” – e del 2000 – “seconda Intifada” o “di al-Aqsa”, dal nome della moschea di Gerusalemme. I primi a usarlo per indicare gli episodi dei giorni scorsi erano stati gli esponenti del Movimento per il jihad islamico, organizzazione armata responsabile di attentati contro Israele dentro e fuori i Territori occupati.
Ieri il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese, Rami Hamdallah, si è rivolto alla comunità internazionale e all’ONU invocando il “diritto dei palestinesi a difendersi contro l’aggressione israeliana”. Di segno opposto l’appello di Netanyahu, che ha accusato l’ANP – oltre a Hamas e imprecisate potenze straniere – di aver istigato “l’ondata di terrorismo” con “bugie sulla moschea di al-Aqsa”.
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