Roma-Bayern 1-7!
Un altro Old Trafford, sinonimo di “teatro degli incubi” per la Roma e un altro “Mineiraço”, evocatore di dolcissimi ricordi per il calcio tedesco. Facciamo venia del solito discorso sulla distanza siderale che ancora separa il calcio italiano da quello che conta, in fin dei conti questo inizio di 2014/15 aveva fatto intravvedere qualche timido segnale di ripresa da parte del nostro malconcio pallone (nazionale e club fin qui senza squilli epocali ma anche senza scivoloni rovinosi, la stessa Germania molto male dopo il trionfo di Rio) e anche i tedeschi temevano molto la trasferta romana, ma questo Roma-Bayern 1-7 va oltre ogni considerazione sui “massimi sistemi calcistici”.
Mehdi Benatia: la miglior risposta ai fischi dei suoi ex tifosi
Festa tedesca all’Olimpico
Il Bayern ha dimostrato chi e perchè è la squadra di club migliore al mondo ( sì, più del Real campione d’Europa e del Barça, del Chelsea di Mou o dell’ancora incompiuto Psg); la Roma ha dovuto capire, nel modo più doloroso possibile, che tra consapevolezza e presunzione il passo è breve e, quando lo si compie, a questi livelli, si paga dazio. E questi livelli non sono quelli della nostra serie A dove anche un quasi ex calciatore come Ashley Cole può giocare titolare senza accusare particolari scompensi e dove basta massimizzare concentrazione e intensità per qualche decina di minuti per vincere o stravincere (come contro il Chievo, sabato scorsa mica un’era geologica fa) un match. Garcia, che ha avuto il torto di affrontare la gara a viso aperto dall’inizio, dovrebbe aver imparato la lezione. Dietro la lavagna devono andarci tutti i giocatori (si sono salvati solo Gervinho e Nainggolan), ma stavolta anche il tecnico. Lui più degli altri. Almeno ieri.
Arjen Robben, uno dei mattatori della serata: doppietta per lui
I numeri sono impietosi: peggior sconfitta della storia giallorossa (al pari del summenzionato 1-7 di Manchester e di un paio di rovesci identici contro le due torinesi in campionato), peggior sconfitta interna di un club italiano in Europa che mai, peraltro, aveva subito l’onta di andare all’intervallo già sotto di cinque lunghezze. Anche il possesso palla, spesso di marca romanista sotto la gestione Garcia, ha fatto registrare un 65,5% a 34,5% in favore degli uomini di Guardiola. Il possesso non è tutto, anzi è controproducente se non accompagnato da velocità d’esecuzione, intensità, capacità di rimanere corti e di verticalizzare al momento giusto. Ossia, tutto quello che il Bayern ha fatto sul prato dell’Olimpico quasi a voler sciorinare un piccolo decalogo di come si dovrebbe giocare a calcio. Alla faccia dei tanti pulpiti da cui si erano intonati, a mò di litania, i “de profundis” del tiki taka. Quello tedesco è un tiki taken, una formula ibridata, è vero, ma è anche la dimostrazione di come i tonfi dell’ultimo Barcellona e della Spagna fossero imputabili alla stanchezza degli interpreti. Non al sistema di gioco. Non all’idea di calcio sottesa.
Pep Guardiola dirige l’orchestra bavarese
Manuel Neuer: anche ieri un muro
Roma-Bayern 1-7, però, va oltre questi singoli aspetti. Perchè li compendia tutti. Perchè sottolinea che il livello tecnico di un top team europeo, al di là dell’impostazione, sia ancora sconosciuto da noi. E perchè riesce persino ad andare oltre tutto questo: in fin dei conti, a Manchester, che pure è campione d’Inghilterra (cioè di un campionato molto più “allenante” del nostro), la Roma non solo era uscita imbattuta ma lasciando anche l’impressione di aver giocato molto meglio del City. Quindi, quella dell’Olimpico è stata una serata particolare, al di fuori e al di là di considerazioni tecniche e tattiche: la serata in cui il più forte ha saputo fare onore al suo pedigree e il più debole è stato tale oltre ogni immaginazione letteralmente franando dopo la doccia gelata dei primi minuti, con il primo che evidenziava impietosamente i limiti del secondo. Un divario che c’è ma che si è ampliato oltre quello reale. Quando la logica arriva alle conseguenze più estreme. Il calcio, a volte, regala sentenze così perentorie. Non è detto che siano, però, inappellabili anche se la sensazione è che il Bayern sia, a suo modo, un “unicum“. Una realtà fuori portata anche nella ristretta cerchia dei top club europei, una sorta di naturale evoluzione 2.0 del Barça dello stesso Guardiola: meno tecnico, ma più intenso oltre che fisico. Non è detto che vinca altrettanto. Non è detto che duri altrettanto. Ma c’è. In carne ed ossa.
Lewandowski ha appena siglato il 3-0
Guardiola, ieri, non ha dato una grossa mano alla Roma
Ma il calcio è affascinante anche perchè non solo concederà a breve (due settimane) la rivincita alla Roma nella tana bavarese dell’Allianz, ma perchè può trasformare una serata da incubo in un toccasana per la classifica del girone: il Manchester City, infatti, strafavorito contro il modesto Cska, in uno stadio vuoto, sopra di due reti all’intervallo, si è fatto riprendere sul 2-2. Nelle previsioni della vigilia, i risultati più gettonati erano un pari all’Olimpico e una vittoria inglese a Mosca per una classifica che, nel caso, avrebbe recitato: Roma 5 punti, City 4. Invece, ora è: Roma 4, City 2 e qualificazione romanista che si avvicina un pò di più. Paradossi del calcio. Come lo è il fatto che anche un cammino più lungo del previsto difficilmente cancellerebbe il ricordo dell'”Olimpicaço”.
L’ironia impazza sul web
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