Nell’estate del 2001, il giorno stesso del suo insediamento, Marty Baron, il nuovo direttore del The Boston Globe, chiede alla sua redazione di approfondire le indagini sui casi di pedofilia nella diocesi di Boston; l’anno successivo il team di giornalisti investigativi soprannominato Spotlight pubblica circa 600 articoli sugli abusi sessuali commessi da più di 70 sacerdoti nella diocesi di Boston. L’inchiesta sconvolse la città prima e il mondo poi e nel 2003 fece meritare al team Spotlight il Premio Pulitzer.
Dopo 13 anni dall’inizio dell’inchiesta la storia del team del Boston Globe è divenuta un film, Il caso Spotlight, scritto e dirtetto dal regista Tom McCarthy, oggi candidato a 6 premi Oscar, in uscita nelle sale italiane il prossimo 18 febbraio. Michael Keaton, protagonista dell’ultimo film premiato agli Oscar 2015, Birdman, non è nuovo al genere, qui interpreta per la terza volta nella sua carriera cinematografica il ruolo di giornalista, è il caporedattore del gruppo investigativo, Walter “Robby” Robinson.
“Quando Marty Baron è arrivato a Boston,” racconta il vero Robinson presente alla conferenza stampa tenutasi a Roma in occasione della presentazione italiana del film “ci ha detto di andare dritti in tribunale a chiedere che gli atti fossero resi pubblici, perché la gente aveva il diritto di sapere. Per questa inchiesta abbiamo dovuto scavare parecchio per avere informazioni, ma ben presto abbiamo scoperto che erano molti i sacerdoti coinvolti“. McCarthy considera i cronisti del team Spotlight dei veri eroi e ritiene che la loro impresa rappresenti un significativo esempio di giornalismo investigativo.
Secondo il regista la storia del caso Spotlight costituiva l’occasione giusta per dimostrare l’importanza del giornalismo investigativo in un’epoca in cui purtroppo, nel passaggio dal cartaceo alla pubblicazione on line, le inchieste trovano sempre meno spazio nell’ambito informativo. Eppure, spiega il caporedattore Robinson ai colleghi italiani: “Se non lo facciamo noi, chi? Se smettiamo di fare giornalismo d’inchiesta la democrazia è destinata a morire“.
Nel film il neodirettore Marty Baron (Liev Schreiber) arriva da Miami per dirigere il Globe e incarica il team Spotlight di indagare sul caso di un prete locale accusato di aver abusato sessualmente di decine di giovani parrocchiani nel corso di trent’anni. Sebbene consapevoli dei rischi e delle difficoltà a cui sarebbero andati incontro, il gruppo di cronisti composto da Walter “Robby” Robinson (Michael Keaton), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams), Michael Rezendes (Mark Ruffalo) e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll (Brian d’Arcy James), comincia a indagare sul caso. I giornalisti del team di Robinson parlano con l’avvocato delle vittime, Mitchell Garabedian (Stanley Tucci), intervistano adulti molestati da piccoli e cercano di accedere agli atti giudiziari secretati. Emerge così con sempre maggiore evidenza che il fenomeno è molto più grave ed esteso di quanto avessero immaginato. Nonostante i numerosi ostacoli posti dalle istituzioni, nel 2002 il Globe pubblica le sue rivelazioni in un dossier che fa scalpore e apre la strada ad analoghe rivelazioni in oltre 200 diverse città del mondo.
“Non ce l’ho con la fede.” chiarisce Keaton in conferenza stampa “Ho ricevuto un’educazione cattolica e mi addolora che molte persone abbiano perduto la fede a causa di queste terribili esperienze, tuttavia questi fatti non riguardavano solo Boston ma tanti paesi del mondo“. Anche McCarthy aveva tenuto a spiegare che il film non rappresenta un attacco alla Chiesa, ma desidera solo contribuire a fare in modo che cose del genere non accadano più.
Il caso Spotlight è un film accurato e coinvolgente che riesce a trasmettere tutta la passione, il trasporto e la professionalità con cui i cronisti del team investigativo del Boston Globe portarono avanti indagini complesse e delicate. Bisogna riconoscere a McChatry e al suo cast di non aver ceduto alla facile tentazione di scadere in un racconto morboso dei singoli episodi di violenza. Il tema degli abusi è invece trattato con molto garbo e rispetto. E’ apprezzabile anche l’onestà intellettuale con cui nel film si cerca di mettere in evidenza la responsabilità condivisa dall’intera comunità rispetto alle vicende, spesso note ma dai più tenute nascoste. La stessa redazione del Boston Globe riconosce di non aver prestato la giusta attenzione al caso nonostante fosse in possesso di molto materiale già da tempo addietro.
L’unico elemento disturbante del racconto è costituito dall’eccessiva insistenza, forse un po’ fuori luogo, con cui si cerca di presentare la Chiesa come un’istituzione intoccabile che ha potere, soldi e risorse.
Vania Amitrano
Laureata in Lettere, amante dell’arte, dello spettacolo e delle scienze umane, autrice di testi di critica cinematografica e televisiva. Ha insegnato nella scuola pubblica e privata; da anni scrive ed esplora con passione le sconfinate possibilità della comunicazione nel web.
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