Sei i contagiati in Lombardia, tre a Lodi. E’ in terapia intensiva un 38enne risultato positivo e ricoverato all’ospedale di Codogno. L’uomo sarebbe andato a cena con un collega tornato dalla Cina che ora si trova in un altro ospedale di Milano, anche lui in isolamento. L’uomo è in condizioni ritenute gravi. La prognosi è riservata e al momento non può essere trasferito al Sacco di Milano, dove si trova attualmente ricoverata sua moglie, anche lei positiva al test.
“Il caso indice”, con il quale il paziente 38enne di Codogno “ha avuto ripetuti contatti, era rientrato il 21 gennaio dalla Cina. Ora è ricoverato al Sacco e sta bene” ha detto Giulio Gallera, assessore al Welfare della regione Lombardia, in conferenza stampa, spiegando che “non abbiamo ancora la certezza di quale sia il paziente zero, o caso indice”, da cui sarebbero partiti i contagi di Covid-19 in Lombardia. L’uomo, “un manager rientrato dalla Cina è in buone condizioni di salute. Stiamo aspettando i risultati delle analisi da parte dell’Istituto superiore di sanità”.
I camici bianchi sono al lavoro per ricostruire la rete di contatti del 38enne e sono in corso analisi supplementari. Va infatti ricostruita la rete di persone che lo hanno frequentato nelle ultime settimane. L’uomo sarebbe arrivato in pronto soccorso la sera di mercoledì 19 febbraio. Quando si è appreso del contatto con una persona rientrata dalla Cina sono scattati i test.
PRIMI SINTOMI – “Tra la cena del 38enne italiano e la manifestazione dei sintomi sembrerebbero passati tra i 16 e i 18 giorni” ha spiegato l’assessore Gallera. Il paziente “ha mostrato i primi sintomi il giorno 15 febbraio. Si è recato al pronto soccorso di Codogno il giorno 18”. Il paziente “aveva lamentato uno stato febbrile. E’ stato alcune ore in pronto soccorso ed è stato rimandato a casa. Dopo alcune ore è peggiorato e quindi è tornato al pronto soccorso. In quel momento è stato ricoverato e la sua condizione è degenerata velocemente. E quando è stato portato in terapia intensiva, di fronte alle insistenti domande, la moglie ha ricordato che, i primi di febbraio, ha avuto degli incontri con un suo amico che tornava da un viaggio in Cina. Da lì abbiamo fatto i tamponi”. Si sta verificando se si è trattato, dunque, di un contagio da persona asintomatica e se i tempi di incubazione sono stati più lunghi. A quanto apprende l’Adnkronos, arriveranno entro stasera i tamponi a Lodi, direzione sanitaria competente dell’ospedale di Codogno, per effettuare il test a chi è entrato in contatto diretto con il 38enne.
I CONTATTI DEL 38ENNE – Secondo quanto si apprende, dopo i 3 casi di nuovo coronavirus registrati nel Lodigiano, sarebbero stati individuati un centinaio di contatti, persone attualmente in ‘sorveglianza attiva’. Il 38enne, stando a quanto apprende l’Adnkronos, prima di essere ricoverato ha giocato a calcio con la squadra del bar Picchio di Castiglione d’Adda e partecipato a un corso della Croce Rossa sabato mattina. Secondo ‘il Cittadino’, testata lodigiana, “l’uomo, originario di Castiglione, lavora all’Unilever di Casale, dove è già stata avviata la procedura di emergenza, in attesa di indicazioni dalle autorità sanitarie”.
“CITTADINI CASTIGLIONE E CODOGNO STATE A CASA” – L’assessore ha riferito che sono stati “già effettuati tutti gli accertamenti diagnostici necessari sui medici, gli infermieri e i pazienti dell’ospedale di Codogno”. Il pronto soccorso è stato subito chiuso a scopo precauzionale. “I reparti interessati dagli accertamenti sono anche la terapia intensiva e la medicina interna – ha aggiunto – mentre gli altri funzionano normalmente”. All’ospedale di Codogno è entrata in azione una squadra per la disinfezione degli ambienti. Inoltre, “si invitano tutti i cittadini di Castiglione d’Adda e di Codogno, a scopo precauzionale, a rimanere in ambito domiciliare e ad evitare contatti sociali” ha detto Gallera.
PREGLIASCO – La situazione che sta emergendo in Lombardia “non è inaspettata: soggetti con poca o nulla sintomatologia possono trasmettere il nuovo coronavirus. Si conferma il rischio pandemico per Covid-19” ha affermato all’Adnkronos Salute il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco. “Bisogna anche dire che si evidenzia la capacità di tracciare i casi, ma è il momento di tirare fuori dai cassetti i piani pandemici, già approntati per le minacce del passato”, ha aggiunto Pregliasco.
TUTTI GLI ITALIANI RIMPATRIATI HANNO LASCIATO LA CECCHIGNOLA – Intanto hanno lasciato stamattina la cittadella militare della Cecchignola anche gli ultimi 36 italiani rimpatriati il 3 febbraio scorso da Wuhan focolaio del coronavirus, dopo aver concluso le circa due settimane di isolamento. In totale erano 56 i connazionali rimpatriati con quel volo dell’Aeronautica militare. Diciannove erano già usciti dalla Cecchignola ieri nel tardo pomeriggio, dopo il saluto dei ministri della Salute Roberto Speranza e della Difesa Lorenzo Guerini. Uno dei 56 italiani invece, 29enne reggiano, risultò, nel corso dell’isolamento, positivo al coronavirus e fu trasferito all’ospedale Spallanzani dove resta ancora ricoverato. Ora la cittadella militare, dopo le bonifiche necessarie, si prepara ad accogliere altri connazionali che erano rimasti bloccati a bordo della nave da crociera Diamond Princess in Giappone e che saranno rimpatriati domani.
GENOVA, PROCEDURE DI APPROFONDIMENTO SU 7 PERSONE – “Questa mattina, intorno alle 9, Regione Liguria ha ricevuto dagli uffici competenti di Alisa la segnalazione che sono state attivate a Genova le procedure di approfondimento, presso l’Ospedale Policlinico San Martino, per un nucleo familiare composto da 7 persone, già sottoposto a sorveglianza attiva dal 16 febbraio”. E’ quanto comunicato dalla Regione in mattinata. Nel pomeriggio alle 17.30 presso la Sala Trasparenza di Genova è previsto un punto stampa di aggiornamento, con il presidente Giovanni Toti, la vicepresidente e assessore alla Sanità Sonia Viale e gli esperti della task force di Alisa, l’azienda sanitaria ligure.
“Stanotte è venuto il personale del Sacco, anestesisti e infettivologi – ha spiegato all’Adnkronos il direttore sanitario dell’ospedale di Codogno, Andrea Filippin – e hanno deciso, d’accordo con i medici della rianimazione di Codogno, di tenerlo qui per le sue condizioni ancora instabili. Siamo in stretto contatto e c’è accordo sulla gestione del paziente tra noi e il Sacco”.
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