La crisi ha messo in ginocchio le imprese italiane. Per il settore edilizio, i costruttori hanno scelto questa giornata per manifestare in piazza e dibattere con politici dei problemi dei loro problemi. Nella ‘giornata della collera’, promossa da 20 associazioni di settore, a Milano piazza Affari si è coperta di caschetti da lavoro gialli dei tanti manifestanti che hanno evidenziato come la crisi economico-finanziaria che ha investito il Paese abbia trascinato il settore delle costruzioni nella recessione più grave dal dopoguerra ad oggi. La perdita produttiva tra il 2008 e il 2012, ha denunciato il presidente di Assimpredil Ance, Claudio De Albertis, ha raggiunto il 26% in termini reali, ovvero 43 mld di euro in meno. Dalla fine del 2009 40 mila imprese hanno chiuso e nel 2012 gli investimenti in costruzioni registrano una flessione del 7,6%. Gli effetti sulle imprese e sulle occupazioni, sono pesantissimi: le costruzioni hanno perso dall’ inizio della crisi ad oggi 360 mila posti di lavoro. La perdita occupazionale supera i 550 mila posti se si considerano anche i settori collegati.
E che sia stato in generale, quello appena concluso, un anno nero per le nostre aziende italiane lo rileva anche Cerved Group, la business unit dedicata ai servizi per le banche e per le finanziarie: 12.000 fallimenti, 2.000 procedure non fallimentari e 90.000 liquidazioni. Oltre 104 mila imprese sono entrate in crisi o hanno dovuto chiudere i battenti, un valore che supera quello già molto elevato del 2011 (+2,2%). Questi i dati forniti oggi da Cerved Group, la business unit dedicata ai servizi per le banche e per le finanziarie, che evidenzia un boom delle nuove forme di concordato preventivo, introdotte dalla riforma entrata in vigore a settembre. Si stima che nel solo quarto trimestre dell’ anno siano state presentate circa 1.000 domande, soprattutto nella forma del concordato con riserva.
“Il picco toccato dai fallimenti nel 2012 – commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato della società -, supera del 64% il valore registrato nel 2008, l’ ultimo anno pre – crisi. Sono stati superati anche i livelli pre-2007, quando i tribunali potevano dichiarare un fallimenti anche per aziende di dimensioni microscopiche”.
I dati di Cerved Group mostrano che nel 2012 la recessione ha avuto un impatto notevole nel comparto dei servizi (+3,1%) e nelle costruzioni (+2,7%), mentre la manifattura – pur con un numero di fallimenti che rimane a livelli critici – ha registrato un calo rispetto all’ anno precedente (- 6,3%). Dal punto di vista territoriale, le procedure sono aumentate nel Nord Ovest (+6,6%) e nel Centro (+4,7%), mentre sono rimaste ai livelli dell’ anno precedente nel Sud e nelle Isole (� ,4%). Nel Nord Est i casi sono invece diminuiti (� 4,3%), un dato compensato dal forte incremento delle liquidazioni, che ha portato il totale di chiusure in quell’ area a superare quota 20 mila (+8,6% sul 2011).
Dall’ inizio della crisi nel 2009 si contano più di 45 mila fallimenti. Il numero maggiore ha riguardato imprese del terziario, 21 mila, ma i dati indicano che è stata l’ industria a pagare il conto più salato alla recessione: il totale delle società di capitale manifatturiere fallite tra 2009 e 2012 ammonta infatti al 5,2% di quelle che avevano depositato un bilancio valido all’ inizio del periodo considerato, contro una percentuale pari al 4,6% nelle costruzioni e al 2,2% nei servizi.
Giorgio Squinzi, presidente Confindustria
Lo stato d’animo delle imprese non può essere benevolo. Ne è consapevole il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: “La crisi ha bruciato miliardi di euro di Pil, siamo retrocessi di 8 punti rispetto al 2007, il reddito pro capite è’ tornato indietro di anni e il settore delle costruzioni ha perso 43 miliardi di euro tra 2008 e 2012”. “Non si può non capire lo stato d’ animo degli imprenditori”, ha spiegato Squinzi, impegnato a Roma nell’ illustrazione del documento di Confindustria alle principali forze politiche, che ne ha richiamato i punti principali intervenendo telefonicamente alla manifestazione dei costruttori a Milano.
E’ la politica a doversi occupare del futuro delle nostre imprese. ” Dobbiamo ricostruire il Paese e si può fare solo con le imprese, che sono il bene comune. Le imprese meritano un sistema che le sostenga e non che le mortifichi attraverso oneri non degni di un paese civile”.
A.B.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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