“Bisogna mettere fine all’incitamento e alla violenza”. Lo ha dichiarato il Segretario di Stato USA John Kerry, dopo aver incontrato a Berlino con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il primo ministro ha accusato il presidente dell’ANP, Abu Mazen, di “spargere menzogne” sullo Stato ebraico.
Intanto nei Territori occupati la violenza non accenna a fermarsi; e dal Sudafrica, dove ha partecipato a un comizio su invito dell’African National Congress, Khaled Meshaal, considerato il leader di Hamas in esilio, promette: “L’Intifada di Gerusalemme non si fermerà”.
La scorsa notte, sulla strada che porta da Betlemme a Hebron, in Cisgiordania, un gruppo di soldati israeliani è caduto in quella che ha tutti i caratteri di un’imboscata: scesi dal veicolo sul quale stavano viaggiando per rispondere a una sassaiola, i militari sono stati travolti da un’auto guidata da un palestinese. I feriti sono cinque, due dei quali in condizioni gravi; ed è grave anche l’investitore, ferito a colpi d’arma da fuoco.
Poco dopo a Gerusalemme, vicino a una fermata dell’autobus in Yirmiyahu Street, un uomo ha cercato di impossessarsi delle armi di due soldati, che hanno reagito sparando e lo hanno colpito a morte. Solo poi ci si è accorti che non si trattava di un aspirante attentatore, ma di un uomo con problemi psichici, fra l’altro di religione ebraica.
Due attacchi si sono registrati invece stamattina. A Hebron un palestinese ha tentato senza successo di accoltellare un soldato israeliano, per poi riuscire a scappare. Più grave l’episodio accaduto a Bet Shemesh, circa 30 km a ovest di Gerusalemme, dove due palestinesi hanno accoltellato un giovane seminarista israeliano all’ingresso di una sinagoga. La vittima è ricoverata in ospedale ma non corre pericolo di vita. Più gravi invece gli attentatori: uno è morto, l’altro, come riferisce il portavoce delle forze dell’ordine, è in condizioni serie. Sempre secondo la polizia gli aggressori, entrambi ventenni e originari di Surif, vicino Hebron, avrebbero avuto con sé simboli di Hamas.
Sulla questione della gestione dei luoghi di culto sulla Spianata delle Moschee, una delle cause della recente sollevazione dei palestinesi, è arrivato ieri il parere dell’UNESCO: il comitato esecutivo dell’organo ONU che si occupa di tutelare il patrimonio culturale mondiale, nella sua sede di Parigi, ha approvato ieri pomeriggio una risoluzione che condanna l’amministrazione israeliana del sito. Dal testo della risoluzione però è stato stralciato “all’ultimo minuto” un passaggio che avrebbe definito il Muro del Pianto come parte integrante della moschea al-Aqsa, e quindi luogo di culto da riservare ai musulmani. Il Muro, ai piedi della collina che sorge al centro di Gerusalemme, è l’ultima sezione ancora visibile delle mura perimetrali dell’antico Tempio ebraico distrutto dai romani nel I secolo d.C., ed è l’unica parte della Spianata – che gli ebrei chiamano Monte del Tempio – aperta al culto ebraico.
Ciò nonostante, il ministero degli Esteri israeliano, di cui è titolare il premier Netanyahu, ha respinto “totalmente” la risoluzione, definita “vergognosa”, in quanto mirerebbe a “trasformare il conflitto israelo-palestinese in uno scontro di religioni”.
F.M.R.
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