Almeno dieci fosse comuni contenenti forse 1700 corpi, le vittime della strage di Camp Speicher, sono state scoperte a Tikrit dalle autorità irachene.
Nella città che ha dato i natali a Saddam Hussein, riconquistata nei giorni scorsi dall’esercito regolare di Baghdad dopo essere stata per quasi un anno nelle mani dell’ISIS, la squadra di polizia scientifica, arrivata al seguito dei militari, ha rinvenuto almeno dieci sepolture, otto delle quali contenute nel perimetro del palazzo presidenziale.
Finora, dalla prima fossa comune sono stati esumati almeno venti corpi in stato di decomposizione, alcuni dei quali avevano le mani legate.
Mentre i lavori proseguono a ritmo serrato, le prime salme sono state trasportate a Baghdad, per i test del DNA che permetteranno di identificarle con precisione.
Secondo Khalid al-Atbi, un medico che collabora alle indagini della scientifica, contattato da al-Jazeera, si tratta “inequivocabilmente” delle vittime della strage di Camp Speicher.
A giugno 2014, in circostanze non ancora del tutto chiarite, i miliziani del sedicente califfo Abu Bakr al-Baghdadi avevano catturato migliaia di reclute in fuga dall’accademia aeronautica intitolata a Michael S. Speicher, pilota USA caduto nella prima guerra del Golfo.
Secondo le testimonianze dei pochi superstiti, che si erano finti morti, i miliziani avevano diviso i soldati in piccoli gruppi e li avevano condotti nel palazzo presidenziale di Tikrit con il pretesto di uno scambio di prigionieri.
Nel cortile del palazzo, invece, era avvenuta l’esecuzione di massa, documentata da fotografie e video che gli stessi jihadisti avevano diffuso attraverso i social network.
All’epoca, l’ONG Human Rights Watch aveva parlato di “almeno ottocento morti”. I miliziani avevano invece rivendicato l’uccisione di 1700 persone, e un recente rapporto dell’ONU ha confermato che le vittime della strage sono almeno 1500.
Sulle circostanze della cattura delle vittime, il governo di Baghdad aveva aperto un’inchiesta, i cui risultati, come afferma ancora il rapporto ONU, non sono stati ancora resi noti al pubblico.
Secondo le famiglie delle vittime, alle reclute sarebbe stato ordinato di lasciare Camp Speicher e di dirigersi a Baghdad disarmati e in abiti civili.
Il ministero della Difesa contesta quest’interpretazione, e sostiene che le reclute catturate fuori dalla base si fossero allontanate di propria iniziativa, bollandole di fatto come disertori.
La reticenza delle autorità e gli scambi di accuse avevano provocato da subito un acuto risentimento in Iraq: già a settembre 2014 più di cento persone avevano fatto irruzione in Parlamento a Baghdad, obbligando di fatto l’assemblea a presentare un rapporto sullo stato delle indagini alla presenza di rappresentanti delle famiglie degli scomparsi.
Ora quelle stesse famiglie tornano a chiedere chiarezza al governo.
Da parte sua, il primo ministro iracheno, Haidar al-Abadi, aveva provato già da lunedì a stemperare la tensione invitando gli iracheni a non farsi trascinare dal desiderio di vendetta, e ha ricordato che diverse persone ritenute responsabili della strage sono state assicurate alla giustizia.
Dichiarazioni che vanno lette alla luce di quanto è accaduto a Tikrit all’indomani della riconquista: un’ondata di violenze private e saccheggi ai danni di collaborazionisti e simpatizzanti dell’ISIS in città, che rischiano di togliere all’esercito l’indispensabile sostegno dei civili.
Filippo M. Ragusa
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