E’ l’Irlanda il Paese più “solidale” al mondo: secondo la ricerca del “Good Contry Index” la nazione del trifoglio è al primo posto della classifica perchè offre il contributo maggiore per il bene dell’umanità e al Pianeta. Simon Anholt, l’economista che ha esaminato dati ufficiali di ONU, Banca mondiale e organizzazioni internazionali, con questo lavoro non ha voluto esprimere un giudizio “morale” sugli Stati oggetto della ricerca, bensì l’impegno di ciascuno ad un “bene maggiore”, al di là delle frontiere nazionali. L’iniziativa, frutto di uno studio approfondito durato alcuni anni, vuole suscitare un dibattito globale su cosa fanno davvero gli Stati, a livello internazionale: sono impegnati per la salvaguardia del pianeta o curano principalmente, quasi esclusivamente, gli interessi interni, cioè soltanto il benessere dei propri cittadini? Tuttavia, più che valutare gli impegni e le politiche nazionali, obiettivo di Anholt è stato quello di capire se uno Stato riesce a bilanciare le responsabilità, che deve assumersi giustamente verso l’interno, e quelle verso l’umanità, da cui dipendono la “salute” e il futuro del mondo. E da quest’analisi è emerso che è proprio l’Irlanda a primeggiare per scienza e tecnologia, cultura, con particolare attenzione per la sicurezza dell’ambiente e la vigilanza sui rischi derivanti dai cambiamernti climatici, ma soprattutto l’uguaglianza a livello internazionale, rispetto a questi temi.
Tra i centoventicinque Paesi studiati, nella classifica generale, l’Italia si piazza al ventesimo posto, precedendo anche gli Stati Uniti, che sono ventunesimi. Nelle specifiche categorie, il nostro Paese è al dicianovesimo posto per “salute e benessere”, al trentottesimo per “scienza e tecnologia”, ma soltanto centoduesimo per l’impegno ai fini della sicurezza internazionale e della pace. Sempre nella classifica generale, l’Irlanda è seguita da Finlandia, Svizzera, Olanda, Nuova Zelanda, Svezia, Gran Bretagna, Norvegia, Danimarca e Belgio. Prevedibili i Paesi ultimi in classifica: Iraq, Vietnam e Libia, a causa dei conflitti interni che portano inevitabilemnte insicurezza e povertà. Vale la pena far tesoro delle parole di Anholt e lavorare per avvicinarci sempre più agli standard irlandesi: “Tutto il mondo è connesso come mai prima d’ora, ma i Paesi agiscono ancora come se ognuno si trovava sul proprio pianeta privato. E’ tempo che i Paesi inizino a considerare le conseguenze internazionali delle loro azioni; se non lo faranno, le sfide globali, come il cambiamento climatico, la povertà, la crisi economica, il terrorismo, la droga e le pandemie, potranno solo peggiorare”.
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