La comunità internazionale ora parla apertamente di guerra all’ISIS. A rompere il tabù è stato oggi il presidente della Repubblica François Hollande, davanti a circa 300 giornalisti riuniti all’Eliseo per la rituale conferenza stampa che il capo dello Stato tiene ogni sei mesi.
Il presidente ha spiegato di aver chiesto al ministro della Difesa di organizzare voli di ricognizione sulla Siria a partire da domani, in previsione di eventuali attacchi aerei contro le postazioni dell’autoproclamato califfato.
“Vogliamo sapere cosa si prepara contro di noi e cosa si fa contro la popolazione siriana”, ha spiegato Hollande. “Per questo ho deciso di organizzare questi voli di ricognizione, in collegamento con la coalizione. Secondo le informazioni che raccoglieremo potremo condurre dei raid”.
Parigi, dunque, è pronta ad aderire alla coalizione internazionale, guidata dagli USA, che già effettua attacchi aerei contro le milizie di Abu Bakr al-Baghdadi in territorio siriano e iracheno.
In ogni caso la Francia non interverrà con le truppe di terra. “Credo che sarebbe incoerente e irrealistico”, ha detto il presidente, “perché si trasformerebbe in un’operazione di una forza di occupazione, e noi non facciamo operazioni di terra”.
“Di fronte al terrorismo la Francia si è sempre assunta le sue responsabilità”, ha sostenuto il presidente, ricordando l’impegno sul campo in Mali, nella Repubblica Centrafricana e contro Boko Haram.
Hollande si è confermato scettico sulla possibilità che il presidente siriano Bashar al-Assad possa essere d’aiuto contro i jihadisti: “Ha sparato sul suo popolo, ha usato armi chimiche, è lui che ha rifiutato ogni discussione”. “In Siria – ha aggiunto – serve una soluzione. Ma non può passare da lui”.
L’annuncio dell’Eliseo arriva all’indomani del battesimo del fuoco dei primi quattro F-16 consegnati lo scorso luglio alle forze aeree irachene, e delle dichiarazioni del Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, secondo cui il premier britannico David Cameron avrebbe intenzione di chiedere alle Camere di autorizzare la RAF a partecipare ai bombardamenti.
Osborne aveva identificato la “radice del problema” nel regime di Assad, definito “malvagio”, e nei terroristi dell’ISIS. Anche l’ex arcivescovo di Canterbury George Carey, in un’intervista concessa al Daily Telegraph, aveva invitato il governo a “schiacciare i terroristi una volta per tutte”.
Intanto il ministero degli Esteri iraniano ha pubblicato un rapporto sulla situazione dell’ISIS in Medio Oriente. Il “califfato” disporrebbe di centomila miliziani, quasi tutti dislocati tra l’Iraq e la Siria. Cinquemila di loro sarebbero stati reclutati in Cecenia in cambio di un salario di 200 dollari al mese.
La Repubblica islamica, però, sostiene che la responsabilità ultima della diffusione del jihadismo nella regione vada attribuita agli USA. Ad affermarlo è stato il consigliere della Guida suprema per gli affari militari, il generale Yahya Rahim Safavi.
Anche il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha incolpato le politiche americane di aver aggravato la situazione nella regione. Dopo aver affermato che l’Iran combatte da sempre contro la violenza e il terrorismo, Zarif ha accusato gli “alleati degli USA” – in altre parole l’Arabia Saudita, il grande rivale dell’Iran per l’egemonia politica e militare nella regione – di “sostenere l’estremismo in modo diretto o indiretto”.
F.M.R.
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