Lieve flessione per le vendite al dettaglio e il fatturato dell’industria. Lo certifica l’Istat che nella sua analisi evidenzia tanto per il primo comparto, quanto per il secondo una diminuzione dello 0,1% rispetto al rilevamento precedente.
“A settembre 2015 l’indice destagionalizzato del valore delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) – si legge nella nota dell’Istituto – diminuisce dello 0,1% rispetto ad agosto 2015. Nella media del trimestre luglio-settembre 2015, il valore delle vendite registra una crescita dello 0,2% rispetto al trimestre precedente”.
L’indice grezzo del valore del totale delle vendite, invece, aumenta dell’1,5% rispetto a settembre 2014, mentre nei primi nove mesi dell’anno “il valore delle vendite segna un aumento tendenziale dello 0,9%”.
L’indice in volume delle vendite al dettaglio, “depurato dall’effetto dovuto alla dinamica dei prezzi al consumo”, registra “variazioni negative dello 0,2% rispetto ad agosto 2015 e variazioni positive dello 0,8% rispetto a settembre 2014”, mentre nel trimestre luglio‑settembre 2015 l’indice aumenta “dello 0,3% rispetto ai tre mesi precedenti”.
Per quanto riguarda invece l’industria, secondo gli esperti, la leggera flessione rispetto ad agosto è la “sintesi di una variazione positiva (+0,6%) sul mercato interno e di una negativa su quello estero (-1,6%)”.
Nella media degli ultimi tre mesi “l’indice complessivo diminuisce dell’1,6% rispetto ai tre mesi precedenti (-1,9% per il fatturato interno e -1,0% per quello estero)”.
Il fatturato totale cala in termini tendenziali dello 0,9%, “con una flessione – spiegano ancora dall’Istat – dello 0,5% sul mercato interno e dell’1,4% su quello estero”.
“Gli indici destagionalizzati del fatturato segnano incrementi congiunturali per i beni intermedi (+1,0%), e per i beni di consumo (+0,2%), mentre registrano flessioni i beni strumentali (-1,5%) e l’energia (-1,3%)”.
Per il fatturato del comparto manifatturiero “l’incremento tendenziale più rilevante si registra nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+18,4%)”, mentre la maggiore diminuzione riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-17,9%).
Calano anche gli ordinativi totali, con flessioni dell’1% per quanto riguarda la domanda interna e 3,2% per quella estera.
I dati, leggermente in controtendenza rispetto alle ultime analisi diffuse, sono stati letti con non poca preoccupazione dalle categorie.
“Facciamo fatica ad agganciare la ripresa” in quanto “mancano ancora i consumi interni”, secondo il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, il quale ha anche ribadito che la ripresa è sostenuta dal cambio favorevole, dal prezzo del petrolio e dalle manovre di economia monetaria della Bce. “Per questo servono le riforme – ha aggiunto – si deve mettere mano alle riforme e non solo annunciarle”.
Anche Confesercenti lamenta la doppia velocità della ripresa economica, seppur moderata. “Nonostante il leggero calo di settembre – scrive la rappresentanza dei commercianti – i dati dell’anno confermano una modesta ripresa della spesa delle famiglie. Le piccole superfici, però, non riescono ancora ad agganciarla, e il gap con la Gdo diventa sempre più evidente”. Si tratta di una discrasia certificata anche dal numero di chiusure degli esercizi commerciali, visto che nei primi 8 mesi dell’anno si sono registrate “oltre 11mila cessazioni di piccole e medie imprese del commercio al dettaglio in sede fissa”.
Uno scenario, questo “ancora più preoccupante” in un momento in cui “la paura generata dagli attacchi terroristici potrebbe condizionare fortemente la propensione al consumo degli italiani, soffocando la timida ripartenza”.
Ancora una volta, dunque, sono gli utenti ultimi dell’economia, consumatori e industrie, che ridimensionano gli annunci di ripresa. Sembra quasi che rimanga un timore di fondo in merito all’ottimismo sbandierato a più riprese dalla politica, e venga percepito più come un incitamento da allenatore a bordo campo che come un dato di fatto reale.
E dopo oltre un lustro di pesante crisi economica, tutti attendono certezze più che speranze.
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