Derby di Milano: tanto rumore per nulla
Il menù del campionato-spezzatino ha offerto le portate più succulente, quelle relative alle due principali pretendenti allo scudetto, al sabato, e sia Roma che Juve si sono rialzate da tavola con pancia piena e altri tre punti in saccoccia, mentre quello dal sapore un tempo più raffinato, il derby meneghino, si è risolto in un insipido risotto milanese servito domenica sera.
La prodezza balistica di Adem Ljajic a Bergamo
Roma e Juve entrambe vincenti, si è detto, ma se la partita bianconera all’Olimpico si è risolta in un’abbuffata, tanto evidente è stata la superiorità dimostrata nei confronti di una Lazio che è stata in partita solo fino all’1-0 dei campioni d’Italia, assai meno convincente è stata la trasferta romanista nell’ostica (in tutti i sensi, basti consultare il bollettino di guerra diramato a fine match) Bergamo. Un 2-1 molto sofferto contro un’Atalanta per nulla disposta a lasciare punti nel proprio fortino. Anzi, decisa a tentare il colpo grosso già in avvio, con la rete di Moralez dopo neppure un giro di lancette, presto bissata da una traversa clamorosa di Baselli a mettere impietosamente a nudo tutti i limiti di una retroguardia, quella giallorossa, in piena emergenza, con il recupero, forse affrettato ma necessitato, di Astori (ora è out anche Yanga-Mbiwa), l’ennesimo atto di fede di Garcia nel riproporre l’improponibile Cole (Holebas tenuto a riposo in vista di Mosca) e con anche De Sanctis piuttosto incerto. Francamente, Bayern a parte, la peggior Roma della stagione. Ma ne è uscita comunque con il bottino pieno, riuscendo, peraltro, a trovare i tre punti in rimonta, fatto inedito nella stagione in corso. Con i dovuti correttivi e l’infermeria un pò più sgombera, potrebbe esser persino interpretato come un buon segnale. Ma, per quanto visto sabato pomeriggio, Garcia deve ringraziare il talento cristallino di alcune individualità, Ljajic su tutti, autore di una splendida iniziativa isolata valsa il pari e, non pago, dell’assist al sempre indomito e onnipresente Nainggolan per la rete del sorpasso. Una bella novità potrebbe essere l’esordiente Michele Somma, 19enne centrale ma ben disimpegnatosi come esterno basso a destra per il k.o. (polpaccio) di Torosidis. Per il resto, a parte una conclusione a lato di poco di Pjanic, tanta grinta, tanta corsa e poca lucidità (vedasi l’incredibile leggerezza di De Rossi incredibilmente non capitalizzata da Moralez). Una Roma che più operaia non si può. Non ha concesso molto ai nerazzurri in termini di palle-gol ma ha sofferto la maggior aggressività e il dinamismo dei padroni di casa dai quali, peraltro, non ci si poteva attendere giocate di fino ma la volontà di far risultato sì. E la “Dea” ha mostrato una volontà feroce. Attenzione , però: una Roma così, a Mosca rischierebbe parecchio.
Il “polpo” Pogba: un uragano sull’Olimpico
Ben altro lo spartito recitato dalla Juve all’Olimpico contro una Lazio che non ha neppure giocato così male come l’impietoso 0-3 conclusivo farebbe supporre. La squadra di Pioli ci ha provato e, all’inizio, con un colpo di testa di De Vrij e una conclusione di Candreva, a fronte dell’isolata rasoiata di Tèvez, aveva anche illuso di poter fare match pari. Al primo serio affondo, però, la Juve è passata grazie a quell’incredibile satanasso che risponde al nome di Paul Pogba (e il suo rinnovo è forse, per i tifosi di Madama, la notizia più bella di questo primo trimestre bianconero) che, per nulla sazio, ha poi colto un’incredibile incrocio dei pali con una conclusione a giro di rara bellezza, precisione e anche potenza, oltre a siglare, molto più in là, la terza marcatura ospite. Insomma, una Lazio più che discreta in avvio ma alla Juve è stato sufficiente fare la faccia cattiva e la formazione biancoceleste si è sciolta come neve al sole. Anche nella ripresa è bastato agli uomini di Allegri pigiare un attimo di più sull’acceleratore per chiudere la pratica. Emblematica, in questo senso, la genesi del raddoppio: il gol di Tèvez nasce da un’incursione di Marchisio che, lungo l’out di destra, opera un break nei confronti di Cana, bruciando l’albanese a velocità doppia. Una squadra, quella bianconera, che, oltre ad una cifra tecnica di assoluto livello (a proposito, Andrea Pirlo ha terminato il lungo rodaggio, altra notizia bella o brutta a seconda dei casi), ha dimostrato di sprizzare salute da ogni poro. Fisicamente, gli juventini sono a pieni giri. Anche loro attesi da una trasferta europea decisiva, a Malmoe, ma con presupposti e condizione ben differente da quella palesata dai rivali giallorossi. Quanto alla Lazio, inevitabili sono piovute le critiche all’indirizzo di Stefano Pioli. Capo d’imputazione: la presunzione di essersela voluta giocare a viso aperto. Grosso modo, la medesima accusa che era stata mossa, al di là del Tevere, a Rudi Garcia, dopo lo 0-7 con il Bayern. Ma una differenza, sostanziale, c’è: in una corsa a tappe estremamente lunga come il campionato, è concesso, anzi auspicabile rischiare qualcosina senza compromettere un’intera stagione, in una “quasi- corsa in linea” come la fase a gironi della Champions che consta di sole 6 gare, anche un singolo intoppo può costare carissimo. Ora Pioli ha potuto conoscere meglio i suoi ragazzi e ha potuto esplorarne i limiti. Perchè, se è vero che, come ha sempre sostenuto il tecnico biancoceleste, “fin qui, anche nelle partite che abbiamo perso, non ho visto nessuno metterci sotto“, ora ha visto sin dove la sua squadra può spingersi. E il livello della Juve è fuori portata. Non è una vergogna. Sono e saranno altri i punti persi che potrebbero avere un peso decisivo sulle ambizioni europee della Lazio: Empoli docet.
Anche Sanchez Mino: per il Toro è 0 su 5 dal dischetto!
Il lunch match domenicale, invece, ha proposto l’ennesimo scempio dagli 11 metri del Torino, poi battuto 1-0 a domicilio da un solido Sassuolo. Quello che Consigli ha parato a Sanchez Mino è il terzo errore di fila dal dischetto in questo avvio di campionato granata! Non una statistica lusinghiera.
Il pomeriggio ha mostrato una buona Fiorentina, passata 2-1 al Bentegodi contro il Verona, una Sampdoria un pò sfortunata, bloccata sul pari a Cesena e il solito immenso e immarcescibile Totò Di Natale che, a 37 primavere, ha toccato, con l’1-0 al Chievo, quota 200 reti in serie A, non abbastanza , però, per dare i tre alla sua Udinese, poi raggiunta da Radovanovic per il pareggio clivense. Ma, soprattutto, ci ha riportato ad un Napoli i cui problemi sembravano dissipati dopo la prova maiuscola offerta con la Roma. Invece, complice il Cagliari garibaldino di Zeman non nuovo a prodezze esterne di un certo clamore (la S.Siro nerazzurra ricorderà per lustri la scoppola di fine settembre), si è rivisto il solito Napoli: esaltato ed esaltante quando aggredisce l’avversario, disarmato e disarmante quando potrebbe (e dovrebbe) limitarsi a fare girare palla per “congelare” ritmo e punteggio e, puntualmente, non vi riesce. Presa d’infilata, la difesa partenopea mostra lacune che, evidentemente, l’eccellente stato di forma aveva mascherato nelle ultime uscite. Solo così si possono spiegare gli svarioni di Maggio, Rafael e Koulibaly (tu quouque) per un 3-3 frutto prima di un doppio vantaggio (Higuaìn e Inler) non mantenuto, e poi di un nuovo colpo di reni (De Guzman) ancora vanificato dai sardi (notevole il brasiliano Farìas, doppietta per lui). Semplice ricaduta passeggera o è questo il vero Napoli? Alle pendici del Vesuvio, una risposta ancora non ce l’ha nessuno.
Il gol di Beccalossi nel campionato 1979/80: quando il derby valeva uno scudetto
In serata, infine, il tanto atteso derby di Milano. Perchè era quello del ritorno di Mancini sulla panca nerazzurra dopo un addio lungo sei anni e spiccioli, perchè S.Siro era pieno come un uovo, perchè c’era la felice coincidenza con la prima stagionale alla Scala, perchè a Milano hanno fame di calcio. Ma di quello buono. Quello che non si è visto. Meazza con indosso il vestito da gran sera. Ma sotto c’era solo un misero 1-1 propiziato dalle reti di Mènez (fotocopia della prima delle due reti di Beccalossi nel derby d’andata dell’anno del 12° scudetto del Biscione) e dal pareggio di Obi. Due lampi in mezzo a tanta confusione, topiche da oratorio e due traverse, una per parte. Molti sbadigli e sporadiche emozioni salomonicamente distribuiti. Risultato più giusto non poteva esserci. L’errore più grave? L’ha commesso chi ha disertato il teatro.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy