La felicità non ha prezzo? Non è vero, in quanto al raggiungimento di uno stato di benessere psicoaffettivo, economico e sociale concorrono certamente una serie di fattori. Non ultimo il denaro che, però, da solo, può non bastare. Da qui la massima, molto saggia, dei “soldi” che “non fanno la felicità” … Certo, per vivere serenamente è necessario disporre anche di quel minimo di sicurezza economica che significa non avere preoccupazioni per il domani, poiché risulta davvero difficile essere felici se si vive al di sotto della soglia di povertà.
Se però vogliamo considerare coloro che hanno i mezzi per soddisfare tutti i propri bisogni vitali, è ovvio che la gioia di vivere può non essere direttamente proporzionale al loro conto in banca, al numero di automobili, ai gioielli e a tante altre cose di importanza non fondamentale.
Ma, allora, data per scontata la concorrenza di un insieme di fattori, cosa può contribuire a farci più felici? Una busta paga da non meno di 5 mila euro al mese! Tanto sembra essere il giusto prezzo per uno stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti i propri desideri. Lo dice Angus Deaton, l’economista scozzese, 70 anni il 19 ottobre p.v., insignito ieri del nobel per l’economia. Da uno studio effettuato insieme allo psicologo Daniel Kahneman, Deaton ha concluso che la felicità dipende anche dal reddito. E il picco si ha con un salario annuo di 75mila dollari, ovvero 5500 euro al mese.
La loro analisi si è basata su due aspetti: la felicità giornaliera – quindi l’umore – e la qualità della vita in generale. Quest’ultima cresce sempre all’aumentare dello stipendio. Mentre l’umore migliora fino alla soglia massima e poi resta costante. Questo dimostra che oltre un certo reddito, si accumula solo ‘roba’ senza alcun aumento della soddisfazione quotidiana.
“Da economista sono convinto che i soldi facciano bene – dice Deaton – e mi fa piacere averlo dimostrato”.
Nel suo studio, intitolato “La grande fuga: salute, benessere e le origini dell’ineguaglianza”, lo studioso scozzese sviluppa la tesi secondo cui le diseguaglianze sono necessarie alla crescita e allo sviluppo. Effettuato nel 2009 su un campione di 450mila americani, è stato anche soprannominato “il paradosso di Deaton”.
Si è visto che il suo risultato può differire da Stato a Stato, se non addirittura da città a città. Ma la “soglia della felicità” rimane fissata a quota 75mila dollari: oltre quel reddito, secondo le ricerche del nuovo premio Nobel per l’economia, la soddisfazione delle persone non aumenta perché diminuiscono i desideri da appagare.
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