Miro Klose c'è: la doppietta del tedsco ha trascinato la Lazio al bel successo con il Cagliari
Sesto risultato utile consecutivo condito dalla vittoria n. 5 e da una cifra, 20, che segnala a tutti i naviganti come l‘attacco biancoceleste sia il migliore della A, con ben 11 marcature venute nei soli primi tempi (altro primato per la massima serie) a testimonianza di una capacità di uscire meglio di tutti dai blocchi di partenza. Sono i numeri che suggellano quello forse più importante: i 19 punti in classifica che fanno della Lazio la terza forza del campionato in compagnia della Sampdoria e a sole tre lunghezze da chi, parole del proprio tecnico, “ha la certezza di vincere lo scudetto“.
La Lazio: un gruppo unito
Siamo solo alla 10° giornata di campionato e troppe pagine sono ancora da scrivere, è vero, ma si conferma l’impressione che si era avuta alla chiusura del calciomercato estivo: la dirigenza biancoceleste, pur bersagliata da mille (giustificate) critiche, stavolta si era mossa bene e a, al netto della beffa Astori (ma sarebbero arrivati poi De Vrij e lo sfortunato Gentiletti, non poco), aveva allestito una signora squadra, finalmente completa in tutti i reparti e ricca di alternative di qualità in grado di non far rimpiangere i titolari nel momento del bisogno.
L’1-0 in mischia di Stefano Mauri
La gara contro il Cagliari, oltre ai tre punti e a un gioco travolgente sia pur limitato ai primi 45′, ha messo in evidenza soprattutto quest’aspetto: Pereirinha ed Ederson, due giocatori rimasti a lungo ai margini del progetto tecnico e quasi dimenticati da tutti, hanno avuto un impatto sulla partita non meno decisivo di tanti altri più celebrati compagni. Comunque, utilissimi alla causa biancoceleste. Come lo è da tempo ormai Ciani, uno che doveva rientrare nell’operazione di restyling della difesa e che, invece, è rimasto guadagnandosi sul campo una maglia da titolare scavalcando Cana nella gerarchia di un reparto trovatosi a fronteggiare la lunghissima assenza di Gentiletti. Marchetti, reduce da una stagione mortificante, ha riguadagnato, definitivamente, i galloni di titolare tra i pali. Braafheid non fa mai rimpiangere Radu, anzi. L’infortunio di Basta e le consuete ricadute di Konko (ormai non fanno neanche più notizia) vengono tamponate da Cavanda (molto positivo come livello medio di rendimento, con alcuni picchi negativi dovuti a momentanei cali di concentrazione, unico aspetto ancora da limare) e, come visto ieri sera, anche da Pereirinha, all’occorrenza. Stefano Mauri rimane l’equilibratore tattico fondamentale ma la squadra è riuscita a vincere anche in assenza del capitano. In attacco, Djordjevic si sta dimostrando qualcosa in più di un buon acquisto ma se alle sue spalle scalpita (e senza musi lunghi nè polemiche, va detto) un certo Miro Klose, finalmente a posto fisicamente e con la mente sgombera dal pensiero di una nazionale con cui , in Brasile, si è tolto la soddisfazione di tagliare ogni traguardo, personale e di squadra, possibile e immaginabile, ecco il quadro di una Lazio che, pur con il basso profilo che impone Stefano Pioli, occupa più che degnamente il terzo gradino di questo podio provvisorio. Con un pensierino a ciò che potrebbe accadere più in là, magari approfittando della stanchezza di rivali, solo sulla carta più accreditate, ma che, alla lunga, potrebbero pagare a caro prezzo il pedaggio europeo.
La splendida prima rete di Klose
La partita con il Cagliari dell’ex Zeman ha mostrato la miglior Lazio stagionale nei primi 45′, capace di esercitare un pressing infernale già dalla metà campo (non si contavano più le palle rubate ai cagliaritani) dove ha brillato la solita, impeccabile, regia di Lucas Biglia ma dove tutti hanno esibito corsa, aggressività e convinzione da serata di gala. Il tutto senza inficiare minimamente la qualità tecnica delle giocate. Un Cagliari soverchiato sul suo stesso piano, quello della velocità e del forcing esasperato, al punto da sembrare un match contro un’avversaria di categoria inferiore. Mauri, bravo a bruciare sul tempo Rossettini e Cragno, sbloccava il risultato già al 7′, trasformando in oro un’azione iniziata da un angolo (solitamente uno dei punti deboli della squadra) di Candreva e proseguita con una gran botta dal limite di Biglia. Il Cagliari provava a reagire ma non riusciva assolutamente ad aggirare la pressione della mareggiata biancoceleste. Poi, l’uno-due del ritrovato Miro Klose , maturato in soli due minuti tra il 25′ e il 26′, dava anche al punteggio la giusta rispondenza alla differenza abissale che si avvertiva sul piano dell’intensità. In particolare, da far vedere alle scuole calcio la prima delle due segnature del tedesco: scambio rapidissimo tra Klose e Candreva, cross di quest’ultimo per Lulic che, di testa, appoggiava al “Kaiser”, prontissimo a correggere in porta da sotto misura. Si chiudeva così un primo tempo da applausi.
La seconda rete di “Kaiser” Klose
Nella ripresa, vuoi per la stanchezza accumulata per il terzo match in una settimana, vuoi per un fisiologico calo d’intensità dopo 45′ giocati tutti con il piede sull’acceleratore, vuoi per l’inevitabile rilassatezza dovuta al rassicurante vantaggio accumulato, si assisteva ad una metamorfosi dell’intera squadra. Tutte spiegazioni ma, sia chiaro, non giustificazioni per il crollo verticale dei laziali. Sembrava che le due compagini si fossero scambiate le rispettive divise. La Lazio era intorpidita, ferma, imprecisa nel fraseggio (le poche volte che lo abbozzava…), il Cagliari, forte anche del bel tonico assunto con il fulmineo gol dell’1-3 (un’autorete di Braafheid al termine di un mischione dantesco in cui nessun biancoceleste riusciva a scacciare il pallone dall’area piccola), cominciava, giustamente, a credere nella rimonta impossibile. La Lazio, con Lulic e Candreva, sfiorava due volte il quarto gol-scacciapensieri, ma erano folate episodiche. Il gioco era sparito. Neanche l’espulsione di Ibarbo, dovuta ad una reazione alla trattenuta di Lulic (decisione severa ma che conferma la tendenza degli arbitri a considerare, a torto o a ragione, in modo diverso reazione ed azione fallosa), affievoliva la pressione degli isolani e la rete di Joao Pedro a sei minuti dal 90′, tornava a mettere in discussione anche quello che sembrava il più comodo dei successi. Ci pensava il più improbabile degli eroi, il rientrante Ederson, assente da gennaio, a scacciare le streghe con un tap-in sull’ennesima volata di Candreva al secondo minuto dei tre di recupero per il 4-2 finale. Il brasiliano, accolto dall’Olimpico con una salva di fischi e destinatario di messaggi vocali il più tenero dei quali era: “Hai preso un sacco di soldi e non hai fatto un c…o!“, ha dimostrato che in questa Lazio-cooperativa (del gol e del gioco) di Pioli può esserci spazio e gloria anche per lui.
Ederson, l’eroe che non t’asapetti
Domenica, la Lazio sarà di scena nella non impossibile trasferta di Empoli. Un’occasione d’oro per aggiungere fieno in cascina prima della sosta. Dopo gli impegni delle nazionali, all’Olimpico sarà il turno di un intrigante Lazio-Juventus. Lì si potrà capire qualcosa di più sulle effettive possibilità della formazione di Pioli. Un appuntamento per sognare. Ma, comunque vada a finire il big match con i campioni d’Italia, una certezza c’è già: questa Lazio, che lotterà fino alla fine per un posto in Europa (alla fine vedremo quale), è una realtà. Non un sogno.
Nell’altro posticipo del lunedì, 1-1 tra Cesena e un Verona bravo a rimontare nonostante l’inferiorità numerica dovuta all’insolito frangente di aver già esaurito tutti i cambi a disposizione al momento dell’infortunio di Soerensen.
Va così in archivio un turno, il decimo, iniziato sabato e finito nella notte del lunedì: uno spezzatino che sta cominciando a risultare indigesto a tutti. Pensate che un qualsiasi tifoso del Cagliari residente nell’isola, per poter presenziare all’Olimpico, avrebbe dovuto saltare ben due giorni di lavoro. Oltre ad accollarsi i costi del biglietto, del viaggio e del pernotto. Difatti, nel settore dedicato a gli ospiti, ieri sera, erano poco più di venti impavidi. La Lega è invitata a riflettere seriamente. E la Figc dovrebbe iniziare a pensare, altrettanto seriamente, ad una serie A possibilmente a 16 squadre: ne guadagnerebbe l’equilibrio del campionato, lo spettacolo, le tasche degli spettatori e la competitività delle nostre formazioni in Europa. Uno spezzatino cucinato male non piace a nessuno.
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