La pizza non più patrimonio solo dei napoletani che da sapienti intenditori sono riusciti a esportarla anche all’estero: da questa notte, con voto unanime del Comitato di governo dell’Unesco, la pizza è entrata nella lista dei beni appartenenti all’umanità. Se il patrimonio culturale e naturale rappresenta infatti l’eredità del passato di cui noi oggi beneficiamo e che trasmettiamo alle generazioni future, l’arte del pizzaiuolo ovvero il “know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere – si legge nella decisione finale del Comitato – è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da ‘palcoscenico’ durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale”. Queste le motivazioni che hanno portato alla eccezionale decisione di far diventate l’arte della pizza il nuovo bene italiano di valore universale da aggiungere all’elenco dei 1073 siti – culturali, naturali e misti – (ultimo aggiornamento luglio 2017) dove l’Italia spicca con ben 55 eccellenze prestate all’umanità. L’annuncio di questa eccezionale assegnazione è stato dato all’alba di oggi dal Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina su Twitter: “L’arte del pizzaiolo napoletano è patrimonio culturale dell’Umanità Unesco”, aggiungendo “Vittoria! Identità enogastronomica italiana sempre più tutelata nel mondo”. Dopo 8 anni di negoziati internazionali, a Jeju, in Corea del Sud, voto unanime del Comitato di governo dell’Unesco per l’unica candidatura italiana. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha premiato così il lungo lavoro del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che nel 2009 (governo Berlusconi, ministro Luca Zaia) aveva iniziato a redigere il dossier di candidatura con il supporto delle Associazioni dei pizzaiuoli e della Regione Campania, superando i pregiudizi di quanti vedevano in questa antica arte solo un fenomeno commerciale e non una delle più alte espressioni identitarie della cultura partenopea. Il dossier della candidatura e la delegazione sono stati coordinati dal professor Pier Luigi Petrillo. Al termine dell’iscrizione della candidatura, l’ambasciatrice italiana all’Unesco, Vincenza Lomonaco, ha ringraziato tutti gli Stati che hanno votato a favore dell’Italia, sottolineando la centralità dell’Italia nel promuovere le tradizioni agroalimentare nel contesto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. Subito dopo la proclamazione, in sala è scoppiato un lungo e fragoroso applauso che ha festeggiato il successo italiano a lungo atteso, e molti dei delegati presenti sono venuti ad abbracciare i rappresentanti italiani che nella lunga notte del negoziato finale hanno stretto in mano un cornetto napoletano porta fortuna, rosso come tradizione impone.
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