I droni che gli USA impiegano per bombardare le postazioni dell’ISIS in Libia partiranno dalla base NATO di Sigonella, in Sicilia.
L’accordo fra i due governi è stato annunciato ieri dal Wall Street Journal. Dopo oltre un anno di trattative, scrive il quotidiano USA, è arrivata la “svolta” decisiva: “Il governo italiano ha dato il mese scorso il via libera alla partenza di droni armati”.
Da Sigonella gli aerei senza pilota partono già dal 2011, ma solo per missioni di ricognizione e senza armamenti. I mezzi che compiono materialmente i raid sugli obiettivi sensibili partono da altre basi sul territorio di stati amici, ad esempio il Regno Unito.
Trattando con Washington, il governo italiano è riuscito a spuntare alcune condizioni: i droni in partenza da Sigonella potranno essere usati soltanto in territorio libico, soltanto a scopo di difesa – cioè per difendere le operazioni di terra delle forze speciali USA – e dovranno essere autorizzati caso per caso da Roma.
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti spiega che “la base di Sigonella è utilizzata dagli Stati Uniti secondo un trattato che risale agli anni ’50. Ogni volta che si configurano assetti nuovi, parte una richiesta. Nulla di strano”. Nell’intervista a Il Messaggero, la titolare della Difesa ha spiegato che i droni fisicamente presenti nella base italiana non sono stati ancora armati, e ha confermato la clausola dell’autorizzazione caso per caso. Ha fatto lo stesso il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha ricordato lo “stretto rapporto” fra Italia e USA: “Siamo in piena sintonia con i nostri alleati internazionali”. Mette le mani avanti il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: “L’utilizzo delle basi non richiede una specifica comunicazione al parlamento” – sarà il ministero della Difesa a valutare volta per volta – e in particolare “non è preludio a un intervento militare”.
Intanto però le trattative continuano. Secondo il WSJ, “l’amministrazione Obama sta cercando di persuadere il governo italiano ad autorizzare l’uso dei droni anche in operazioni offensive, come quella condotta venerdì scorso contro un campo ISIS a Sabratha, nel nordovest della Libia”. In quell’occasione, ricorda il quotidiano USA, sono morti almeno 30 militanti jihadisti, tra cui molto probabilmente anche Noureddine Chouchane, ritenuto la mente degli attentati al museo del Bardo di Tunisi e sulla spiaggia di Sousse. Quei droni erano partiti dalla base inglese di Lakenheath, non lontano da Cambridge.
L’amministrazione USA sta cercando di tenere aperti tutti i fronti con l’ISIS, e quindi di non limitarsi a colpire i jihadisti in Iraq e Siria. La Libia in questo senso è un obiettivo di primaria importanza. Nelle ultime settimane è a Sirte, dove hanno istituito un terzo emirato dopo Mosul e Raqqa, che i miliziani in nero stanno raccogliendo i maggiori successi sul campo. Oggi la NOC, la compagnia petrolifera di Stato libica, è tornata a denunciare il rischio che i jihadisti attacchino i siti d’estrazione dell’oro nero nei dintorni. E nella città che diede i natali a Muammar Gheddafi hanno trovato rifugio molte figure di spicco della multinazionale del terrore, in fuga dai massicci bombardamenti in atto in Siria.
Finora l’Italia, sempre secondo quanto scrive il Journal, non ha ceduto alle richieste USA per paura di inimicarsi l’opinione pubblica nazionale. In particolare il governo Renzi avrebbe citato come motivazione il rischio di vittime civili. Preoccupazione condivisa dal WSJ: nel bombardamento di venerdì scorso, ricorda la testata, potrebbero essere rimasti uccisi anche due ostaggi serbi.