L’Italia è chiamata al voto. Finalmente, cinque anni dopo le ultime consultazioni elettorali, quelle del febbraio 2013 che diedero vita alla XVII Legislatura, quella con il maggior numero di presidenti del Consiglio. Situazione che gli italiani hanno conosciuto bene all’epoca del dominio incontrastato della Democrazia Cristana, epoca in cui gli esecutivi nascevano e morivano nell’ambito delle correnti della Balena bianca, correnti, è bene ricordarlo, con un altissimo tasso di litigiosità.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto che di fatto, con lo scioglimento delle due Camere del Parlamento, ha posto fine alla 17esima legislatura. Ora le prossime scadenze sono: il 3 gennaio inizio della raccolta firme per le liste elettorali, dal 19 al 21 gennaio presentazione da parte dei partiti di simbolo e programma, capo forza politica e coalizione, inizio del periodo di par condicio; election day il 4 marzo 2018: anche il Lazio sceglierà il nuovo governatore nello stesso giorno.Il 23 gennaio si formeranno le nuove Camere.
Dopo aver ricevuto al Quirinale il premier Gentiloni e i presidenti di Camera e Senato, alle ore 18 il presidente Mattarella ha sciolto le Camere. Da qui al voto resta a Palazzo Chigi Paolo Gentiloni: il suo governo non si è dimesso.
“L’Italia non si mette in pausa, il governo non tira i remi in barca, continuerà a governare”, garantisce il premier nella conferenza stampa di fine anno che ha preceduto di qualche ora l’epilogo della legislatura. E sottolinea che sarà sottolineando che sarà il Capo dello Stato a dettare tempi e modi. Nelle prossime settimane i riflettori saranno puntati sulla campagna elettorale ma il governo non tirerà i remi in barca, assicura ancora Gentiloni. Sulla crisi delle banche ribadisce invece che è stata evitata una crisi di sistema, senza regalare soldi. Poi sullo ius soli spiega che non ci sono state incertezze, ma di sicuro non c’erano i numeri. Infine sul Pd, appaia per quello che è, suggerisce, una forza tranquilla di governo, e così recupererà consensi.
Inizia la campagna elettorale, in realtà aperta già da qualche tempo. Berlusconi attacca i Cinque Stelle, che definisce “un vero pericolo per la democrazia”. Per Renzi le promesse elettorali di Berlusconi costerebbero 157 miliardi, quelle dei Cinque Stelle 84: “un disastro”, dice, o “una presa in giro degli italiani”. “Renzi da’ i numeri. Comunque noi possiamo arrivare al 40 per cento e governare da soli” replica Di Maio.
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