Nel dicembre del 2006, nella cittadina di Ipswich, nella contea di Suffolk in Inghilterra, furono ritrovati i cadaveri di 5 giovani prostitute. La polizia arrestò Steven Wright, nella sua casa in London Road, con l’accusa di omicidio. Cinque anni dopo il National Theatre di Londra crea un musical basato sull’accaduto che riscuote un notevole successo, tanto che nel 2015 London Road è diventato anche un film, un mistery thriller musicale.
La vicenda dello “strangolatore di Suffolk”, che si svolse in un periodo particolare come quello che precede le festività natalizie, catturò molto l’attenzione mediatica e turbò gli inglesi. La mattina dell’arresto di Steven Wright gli abitanti di London Road furono inaspettatamente scaraventati in una situazione impensabile e pesante. La polizia, i giornalisti, la televisione, invasero la strada e i residenti scoprirono improvvisamente di aver avuto un serial killer come vicino di casa. Da questa circostanza inquietante prende le mosse il film diretto da Rufus Norris.
London Road è del tutto originale, sorprendente e coinvolgente soprattutto nella parte iniziale. L’atmosfera lugubre delle prime scene crea un paradossale contrasto con il clima natalizio in cui la storia ha inizio e le diverse emozioni dei protagonisti sono rappresentate in un susseguirsi di contrappunti. Tutto il film ripercorre i vari stati d’animo degli abitanti di London Road nelle diverse fasi della vicenda. Paura, sospetto, sorpresa, rabbia, curiosità e sconcerto si alternano, miscelate in scene corali stupefacenti in cui la recitazione è sempre accompagnata dalla musica che scandisce i tempi di ogni gesto e parola.
L’opera ha due caratteristiche che la rendono assolutamente singolare nel suo genere. La prima riguarda appunto l’dea di partenza, del tutto particolare per un musical, i 5 terribili omicidi seriali. La seconda invece costituisce una peculiarità sia dal punto di vista stilistico che contenutistico. Tutte le tracce del musical sono infatti state realizzate nella forma del teatro documentaristico, ovvero sfruttando le parole precise, raccolte dalle interviste o dai documenti originali, di coloro che hanno vissuto il caso in prima persona. La tecnica si chiama verbatim theatre e lascia un certo sconcerto nello spettatore che, dopo aver ascoltato nel corso dello spettacolo testi a tratti impressionanti e a volte inquietanti, scopre che ogni singola parola pronunciata dagli interpreti del musical è stata realmente detta da qualcuno dei protagonisti della vicenda reale.
La storia di London Road ha il pregio di raccontare una vicenda tragica, nella prospettiva inusuale di coloro che ne sono stati spettatori ma anche protagonisti involontari, senza mai scadere nel trash. L’assassino e le sue vittime infatti non vengono mai mostrati. Tuttavia l’originalità dell’idea si perde via via che ci si avvicina alla fine. Il film infatti passa dall’essere un thriller musicale dalle fascinose atmosfere noir, proprie della commedia dell’orrore, ad una rappresentazione cantata allegra, leggera e colorata di una vacua piccola comunità della provincia inglese, un po’ banale.
Il film è stato presentato ieri al Torino Film Festival.
Vania Amitrano
Laureata in Lettere, amante dell’arte, dello spettacolo e delle scienze umane, autrice di testi di critica cinematografica e televisiva. Ha insegnato nella scuola pubblica e privata; da anni scrive ed esplora con passione le sconfinate possibilità della comunicazione nel web.
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