Carola Rackete e Matteo Salvini sono le star di quest’estate rovente, eletti, a furor di popolo capitani coraggiosi. Artefici e protagonisti di una guerra partita dal mare, finita in tribunale, e combattuta sui social. La sfida è all’ultimo tweet, e da una settimana con dichiarazioni immagini e fotografie, incalzano polemizzano e replicano incessantemente a tutto e tutti. Sono gli idoli del momento impegnati in una guerra senza quartiere dove l’Italia e l’Europa (un po’ meno) si sono divise e schierate. Due facce della stessa medaglia: Carola, la tedesca, sguaina il baluardo della solidarietà e dell’umanità, il suo slogan “salviamo vite umane” fa breccia nel cuore dei buonisti benpensanti e negli intellettuali della sinistra italiana. Matteo, il ministro più populista che si ricordi, alza la bandiera bianco, rosso e verde e ricorda come una lenta litania, che lui “i porti li vuole chiusi”. Una cantilena che ormai ripete da mesi, mietendo consensi lungo tutta la penisola.
I social si scatenano, e migliaia commenti pro o contro le loro scelte accompagnano il tifo dei rispettivi sostenitori. C’è chi si sente all’improvviso esperto di diritto internazionale e della navigazione, chi si dichiara pronto ad accogliere i migranti nella propria casa, chi invece vigliaccamente incita alla violenza sessuale, chi se la prende con i tedeschi, chi con le Ong, chi con la Libia. Il parterre dei nemici da abbattere è nutrito. Tutti scrivono, twittano, parlano, scatenando una situazione delirante per un paese distratto confuso e disordinato, oggi sempre più lontano da valori e ideali.
Eppure la nostra storia non è questa, il Risorgimento ci ha insegnato a riconoscere la “coscienza” come un indicatore della sensibilità, un valore guida da tener presente quando decidiamo di confrontarci con problematiche sociali, morali e politiche.
Ma per comprendere oggi quello che accade con il fenomeno immigrazione, dobbiamo andare ai due grandi pensieri che hanno contraddistinto l’epoca risorgimentale, il primo, quello di libertà e giustizia, in ambito sociale e politico, demandava fiduciariamente allo Stato il potere di riconoscere e tutelare le libertà individuali. Il secondo, di tipo più ideologico, puntava sull’iniziativa popolare per imporre in un contesto di unità nazionale appena acquisita, un rigoroso rispetto delle diversità locali. Su tutto prevaleva il desiderio comune di creare una nazione, cioè un territorio abitato da individui legati dalla stessa storia, lingua, costumi, tradizioni, senza più interferenze straniere.
Il Risorgimento, affrontò l’appuntamento con la storia patria con spirito di sacrificio, senso del dovere, profonda coscienza del proprio ruolo nazionale il tutto arricchito da autentici sentimenti di indipendenza e di libertà.
Mazzini, Gioberti, Garibaldi e Cavour hanno mosso le coscienze di un’intera nazione, erano uomini di valore, ben lontani dai personaggi politici, o falsi eroi dei nostri tempi.
Ci domandiamo, allora, come hanno fatto Salvini e Rackete a diventare idoli per tanta gente? Cosa spinge migliaia di persone a tifare per loro? Perché Carola e Matteo sono nell’immaginario comune dei miti di oggi? La prima risposta potrebbe sembrare semplice: è la società a dettarci i requisiti e i modelli di comportamento che vengono considerati “vincenti”.
E’ riduttivo pensare che un idoloci attiri solo per valori più o meno effimeri come fama, successo, soldi. Molto spesso gli riconosciamo l’essenza del paladino di ideali ben più nobili che sentiamo di condividere: amicizia, uguaglianza, impegno sociale. Carola, allora, diventa l’emblema dei buoni sentimenti, colei che vuole salvare vite umane, accettandone, senza resistenze, le conseguenze personali. E allora ben venga l’arresto.
Altresì, il ministro dell’interno, Matteo Salvini, che con una rocambolesca azione sviluppata sul mare dei profughi, pone l’attenzione prima sull’uomo politico, poi sulla comunità che egli rappresenta. E poco importa se poi questo tipo di operazioni militari, possano mettere in serio pericolo le relazioni internazionali che in questo momento sono così delicate per il nostro Paese.
L’idea che ci facciamo dell’idolo, per fortuna, non corrisponde sempre alla realtà e lui/lei stenterebbero a riconoscersi nell’immagine che ci siamo fatti di loro. Ma questo poco importa. Sulla scia dell’entusiasmo e dell’appartenenza massificata, eleggiamo l’idolo del momento, con l’auspicio che risponda alle caratteristiche che desideriamo. Come non ricordare il comandante De Falco che, mentre la nave da crociera Concordia affondava, urlava al telefono al comandante Schettino “torni immediatamente a bordo, cazzo….!” Con quell’epiteto sputato in faccia ad un vigliacco non all’altezza dei suoi compiti, il comandante della Guardia costiera del Giglio divenne in un batter d’occhio, un mito per migliaia di italiani. Forse tutti, quella notte maledetta.
Nel processo d’identificazione con questi personaggi, affrontiamo conflitti emozionali trasferendo su altri i nostri pensieri, sentimenti o impulsi che spesso ci risultano inaccettabili. L’identificazione porta a fare dell’idoloil nostro unico interesse e la nostra unica fonte di gioia, trascurando tutto il resto e immedesimandoci a tal punto, da inorgoglirci per i suoi successi e soffrire per i suoi insuccessi. Come se fossero i nostri.
Ed così che si scatenano contestazioni e solidarietà, collette per pagare le spese legali alla capitana della Sea Watch e dimostrazioni d’affetto per difendere le idee e le prerogative istituzionali del ministro. Sentimenti opposti, ma frutto della stessa sensibilità.
Qualunque sia il rapporto che abbiamo costruito con il nostro idolo, questo è nato, per rispondere ad una nostra precisa esigenza. Con il passare del tempo, queste ultime cambiano, come mutano i nostri interessi e i nostri obiettivi. Il nostro idolo si adegua ai nuovi umori, risultandone, alla fine, inevitabilmente superato. La sua funzione si esaurirà e il suo ruolo verrà meno. Come dire che tutti gli idolisono destinati a morire, prima o poi, e quando cadono, riusciamo finalmente a vederli per quello che realmente sono. Transfert, proiezioni dei nostri desideri, del nostro bisogno di sentirci partecipi di qualcosa di importante.
Barbara Ruggiero
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