Manifesto anti-aborto: Raggi speedy oltre misura

"L'immagine di un bambino nel grembo materno, per scuotere milioni di coscienze", voluta dall'Ass. ProVita Onlus, apparsa su un edificio romano in versione maxi, è servita a scuotere le coscienze delle persone abortiste che ne hanno richiesto l'immediata rimozione. E la solerte sindaca Virginia Raggi le ha prontamente accontentate .
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“Tu eri così a 11 settimane…. tutti i tuoi organi erano presenti, il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento…. e ti succhiavi il pollice”.

Cosa può esserci di più ‘mostruoso’ della foto di un feto umano di poche settimane, che ancora qualche mese e diventa un bel bambino di 3 chili di peso e 50 centimetri di lunghezza?

Forse la riproduzione di un esserino di pochissimi grammi e appena 3 centimetri  nel grembo della sua mamma, sia pure in formato gigante 7 metri per 11, montata a Roma, in via Gregorio VII (zona Vaticano), a copertura di una parete di uno stabile,  di per sé non avrebbe destato scalpore né particolare effetto se non avesse risvegliato la coscienza antiabortista dell’associazione Vita di Donna Onlus. Che, addirittura, ha organizzato una raccolta di firme per chiedere la rimozione di quell’obbrobrio, appellandosi alla sindaca Virginia Raggi. Che solerte, come mai a memoria di chi scrive, ha fatto sapere in mattinata: “Gli uffici informati se ne stanno occupando”.  E “contro l’integralismo religioso che aggredisce la 194 e che offende donne e uomini”, come hanno gridato a viva voce le abortiste, ha vinto la rimozione del maxi poster firmato da ProVita e affisso nei giorni scorsi a Roma. La foto della parete dell’edificio, di nuovo vuota, è stata diffusa in rete dal sito ‘Aurelio in Comune’.

Né le voragini (44 quelle che si sono aperte a Roma nei primi tre mesi di quest’anno) che mettono in pericolo la vita di automobilisti e pedoni, oltre a ostacolare non poco il traffico, né la spazzatura che deturpa anche gli angoli più belli del centro storico, compresa la strada della Dolce Vita, con grave danno per l’immagine della Capitale all’estero. Né il verde pubblico da curare prima che altri alberi si abbattano sulle vetture in transito e nei parchi frequentati da adulti e bambini. Il problema della sindaca pentastellata oggi, il suo compito primario è stato quello di dare l’ordine di risolvere il problema dello scandaloso cartellone che mostra un feto di 11 settimane vivo, come recita lo slogan, perché la sua mamma non ha abortito.  In meno di 48 ore, Wonder Woman Virginia ha risolto il caso censurando l’immagine che avrebbe dovuto servire a destare anche la sua coscienza di madre oltre che di prima cittadina.

Non accetta, però, il presidente di ProVita Onlus Antonello Brandi, un atto così imperativo da parte del Comune. Tanto da fargli esclamare che “Hitler era più democratico della Raggi”.

“La rimozione del manifesto è un’inaccettabile violazione della libertà di espressione da parte del Comune di Roma, libertà di espressione che è costituzionalmente garantita. In quel manifesto non vi era nulla di insolente o aggressivo, ma il Campidoglio avrebbe ordinato la rimozione apparentemente perché sarebbe una violazione dei diritti civili”, commenta Brandi. “Dico apparentemente perché Pro Vita non ha ricevuto alcuna comunicazione da parte del Comune così come fino a ieri sera nessuna comunicazione era pervenuta alla società che gestisce lo spazio dove è stato affisso il manifesto. La stessa società, che oggi avrebbe ricevuto una comunicazione in cui il Campidoglio ribadisce l’ordine di rimozione perché sono stati violati i diritti civili, ha avuto paura, come in uno Stato nazista o nazisovietico, e ha rimosso il manifesto, già pagato e regolare”.

“Qualcuno ha parlato di noi come oltranzisti cattolici – prosegue – qui non c’entra niente la religione, si tratta di buon senso, perché un bambino è un essere umano. La questione non finisce qui – assicura Brandi – Il bambino di 11 settimane, a costo di vendermi la casa, tornerà dovunque e faremo tante altre azioni, nel nome della ragione e del buon senso. Non molleremo”.

 

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