La più bella cappella d’Europa si trova ai Musei Vaticani. E’collocata all’interno del percorso espositivo della Collezione d’Arte Contemporanea, precisamente tra l’appartamento Borgia e le sale che precedono l’accesso alla Cappella Sistina. E’opera di Matisse, uno degli artisti del ‘900 più amati dalla contemporaneità. Una cappella inaugurata il 5 ottobre 2011, di cui in pochi conoscono la singolare genesi.
Siamo nel ’42, in Francia, in piena guerra mondiale. Matisse è malato di tumore, deve sottoporsi a una delicata operazione chirurgica nell’ospedale di Lione. Una volta dimesso si trasferisce a Vence, nell’entroterra di Nizza. Una giovane infermiera lo assiste. Non è un paziente facile, se ne sta tutto il giorno in una stanza, infastidito dalla sua immobilità. Lega pennelli e carboncini sulla sommità di bastoni per poter continuare a dipingere da sdraiato o da seduto. Non può fare a meno di quei cromatismi capaci di generare l’immagine. E’ già un capofila del “fauvisme”, il colore è il fine stesso dell’azione pittorica ed esprime la gioia di vivere.
Monique Bourgeois, la giovane infermiera, riesce a instaurare un rapporto con l’artista, i due finiscono per dialogare su argomenti di alto contenuto: arte, religione, filosofia. Matisse le chiede di fargli da modella. Lei accetta, ma poco tempo dopo sparisce. Matisse la cerca e, quando scopre che ha deciso di indossare l’abito delle suore domenicane, si infuria. Cerca in tutti i modi di dissuaderla. Per lui, agnostico, è una scelta dissennata. Ma i due non perdono i contatti.
Inizia tra loro una corrispondenza che rimane un’ emozionante testimonianza.
Vence 1947. Monique è diventata suor Jacques- Marie, il convento ha bisogno di una cappella. La suora chiede aiuto al suo amico Henry.
Matisse si consacra al progetto di Vence ricoprendo anche il ruolo di architetto. Non ascolta il suo amico Picasso, ateo, che lo sconsiglia con veemenza di dedicarsi all’arte sacra. L’artista va avanti nonostante le sue difficoltà di intervenire direttamente sulle due pareti che ha progettato. Ormai è costretto in sedia a rotelle.
Ma trova una soluzione, i papiers gouachès décopupés, carte dipinte e ritagliate. Con le forbici modella forme da lui immaginate, con l’aiuto di un assistente le appunta a spillo su base cartacea così per realizzare l’insieme.
Imposta la sua opera su due pagine sacre: le vetrate dedicate alla Gerusalemme celeste secondo l’apocalisse di Giovanni, una trilogia cromatica giallo verde e blu; tre imponenti ceramiche che disegna da seduto con il bastone su cui è issato il carboncino o la matita. Il tutto su fogli attaccati alle pareti.
E lavora come in preda a un delirio artistico. Maria e il bambino, la Via Crucis e San Domenico. Il corpo di Maria si confonde con la veste piena di stelle, il corpo di Gesù lasciato bambino ma assimilato alla croce. I volti sempre più rarefatti per esprimere l’universalità della loro presenza.
Le sue condizioni di salute peggiorano. Allestisce uno studio in un hotel di Nizza dove lavora su cartoni a grandezza naturale, si occupa di tutto anche degli arredi sacri, delle casule, dei candelieri.
Quando Picasso vede i cartoni, i papiers gouachès décopupés, si ricrede. Ha fatto bene, l’amico, ad accettare quella sfida, i papiers decopupès sembrano farfalle.
Ma che c’entra Vence con i musei Vaticani?
Nel 1973, in occasione della creazione della Collezione di Arte Contemporanea voluta da Paolo VI, le suore domenicane di Saint-Paul-de-Vence donano alcune opere relative alla fase progettuale della Cappella di Matisse.
Alla morte di Paolo VI, un legato testamentario porta in Vaticano le casule cucite dalle suore sul modello dell’artista e il plastico della Croce del campanile che corona la cappella. Nel 1980, la svolta. Il figlio dell’artista, Pierre Matisse, in accordo con i fratelli, Marguerite e Jean, offre alle collezioni vaticane i cartoni preparatori 1:1 per la ceramica del presbiterio, raffigurante La Vierge à l’Enfant, e per le tre vetrate monumentali dell’abside, del coro e della navata, realizzati con la tecnica del papier gouachès découpé.
Ebbene, tutto questo ora è riunito da quasi cinque anni in un’unica spettacolare sala dei Musei Vaticani. Questo gioiello unico in tutta Europa, lo dobbiamo alla singolare amicizia tra un artista agnostico e un giovane suora, nonché all’infermità del pittore. Per lavorare ha dato vita a una doppia opera d’arte.
Ma alla fine, cosa pensava Matisse di Dio?
“Credo forse in Dio? Si quando lavoro. Ed io non faccio che – ma in fondo, io non faccio niente, perché è Dio che conduce la mia mano – rendere evidente per gli altri l’intenerimento del mio cuore”.
Esperta in tecniche di comunicazione, di scrittura e sceneggiatura, ho collaborato come autrice e consulente editoriale con la Rai e con strutture di produzione cinematografica e televisiva (Lux Vide, Titania Film, Ae Media Corporation), per le quali ho firmato numerosi soggetti di serie e consulenze editoriali. Sono autrice anche romanzi e saggi di critica televisiva
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