Non c’è due senza tre. Il primo è stato Carlo Calenda, il secondo Roberto Giachetti. Il terzo a dire addio al Pd è il rottamatore fiorentino Matteo Renzi.
L’argomento principale è la mancanza di una visione sul futuro: “Di Maio non convince”, dice lʼex premier nell’intervista di oggi sul quotidiano Repubblica con la quale di fatto ha ufficializzato la sua fuoruscita dal partito ora di Zingaretti. “Non ho fatto tutto questo lavoro per morire socio di Rousseau. Per me la politica è unʼaltra cosa rispetto allʼalgoritmo di Casaleggio”, aggiunge.
Ieri Renzi aveva telefonato al premier Conte per assicurare comunque “pieno sostegno al governo”.
“Credo che le liturgie di un Pd organizzato scientificamente in correnti e impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo non funzionino più”, dice l’ex sindaco di Firenze nell’intervista a Repubblica, assicurando di non avere “un problema” con Zingaretti con il quale ci sono “toni di civiltà personale”. Il punto, sottolinea, è “politico”. Il Pd nasce come un “partito all’americana, capace di riconoscersi in un leader carismatico e fondato sulle primarie. Chi ha tentato di interpretare questo ruolo-sottolinea- è stato sconfitto dal fuoco amico. Oggi il Pd è un insieme di correnti”e “temo che non sarà in grado da solo di rispondere alle aggressioni di Salvini e alla difficile convivenza con i 5 stelle”.
Sono circa una trentina al momento i parlamentari che seguiranno Renzi: “Non dico che c’è un numero chiuso, ma quasi. I gruppi autonomi nasceranno già questa settimana. E saranno un bene per tutti: Zingaretti non avrà più l’alibi di dire che non controlla i gruppi Pd perché saranno “derenzizzati”, spiega l’ex segretario Dem. “E per il governo probabilmente si allargherà la base del consenso parlamentare. Dunque l’operazione è un bene per tutti, come osservato da Goffredo Bettini. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Il ragionamento è più ampio e sarà nel Paese, non solo nei palazzi”.
Questo perché “dobbiamo sconfiggere nella società il populismo cattivo”: per Matteo Renzi la nuova operazione segue il “capolavoro tattico, con gli strumenti della democrazia parlamentare,” che ha messo in minoranza Salvini. “Ma il populismo cattivo che esprime non è battuto e va sconfitto nella società”.
“Idea alla base del Pd non realizzata, oggi è un insieme di correnti” – Quanto a Zingaretti che ha lavorato molto per mantenere l’unità del partito, come richiesto dalla base, Renzi spiega di non avere con lui alcun “problema personale, né lui ha un problema con me. Abbiamo sempre discusso e abbiamo sempre mantenuto toni di civiltà personali. Qui c’è un fatto politico. Il Pd nasce come grande intuizione di un partito all’americana capace di riconoscersi in un leader carismatico e fondato sulle primarie. Chi ha tentato di interpretare questo ruolo è stato sconfitto dal fuoco amico. Oggi il Pd è un insieme di correnti. E temo che non sarà in grado da solo di rispondere alle aggressioni di Salvini e alla difficile convivenza con i 5 Stelle”.
“Non ci presenteremo al voto prima delle prossime politiche” – Per quello che riguarda l’allaeanza giallorossa, Renzi è chiaro. “Di Maio non convince. Non ho fatto tutto questo lavoro per morire socio di Rousseau. Per me la politica è un’altra cosa rispetto all’algoritmo di Casaleggio. Ma non voglio disturbare il Pd”. E rispetto ai prossimi impegni elettorali, le’x premier spiega: “La nostra Casa non si candiderà né alle regionali né alle comunali almeno per un anno. Chi vorrà impegnarsi lo farà con liste civiche o da indipendente. La prima elezione cui ci presenteremo saranno le politiche, sperando che siano nel 2023. E poi le Europee del 2024. Abbiamo tempo e fiato”.
Mistero sul nome della futura formazione: “Il nome non glielo dico, ma non sarà un partito tradizionale, sarà una casa. E sarà femminista con molte donne di livello alla guida. Teresa Bellanova sarà la capo delegazione nel governo”.
Il segretario Nicola Zingaretti ha commentato su Facebook: “Ci dispiace. Un errore dividere il Pd, specie in un momento in cui la sua forza è indispensabile per la qualità della nostra democrazia. Ora pensiamo al futuro degli italiani, lavoro, ambiente, imprese, scuola, investimenti. Una nuova agenda e il bisogno di ricostruire una speranza con il buon governo e un nuovo Pd”.
Ma quanto vale il partito di Renzi? I sondaggisti in queste ore stanno cercando di quantificarlo, con una forchetta media che si aggira tra il 3 e il 5%. Lorenzo Pregliasco di YouTrend su Sky parla di un 3-5% a causa della scarsa fiducia goduta dall’ex sindaco di Firenze nelle ultime rilevazioni.
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