L’Italia ha chiesto formalmente alla Commissione UE di fare la sua parte nel soccorso ai migranti. L’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante di Roma presso la UE, è stato incaricato di discutere la questione degli sbarchi, che in questi giorni hanno raggiunto un picco storico, con il commissario per le Migrazioni Dimitris Avramopoulos.
Nelle ultime 48 ore nei porti italiani sono sbarcati 12 mila migranti, salvati da 22 navi. Secondo dati forniti dal ministero dell’Interno, il totale dal 1° gennaio è di poco meno di 77 mila persone, quasi 10 mila più dell’anno scorso.
Secondo Massari è una situazione “insostenibile” che ha già un impatto sulla vita socio-politica del Paese. Quel che Roma rimprovera a Bruxelles è di essere stata lasciata sola nella responsabilità di assistere tutte queste persone. L’Italia continuerà a salvare i naufraghi nel Mediterraneo, promette l’ambasciatore, ma intende non farsi più carico dell’accoglienza per tutti. E visto che salvataggio e accoglienza sono due aspetti inscindibili della stessa questione, in concreto l’Italia ha chiesto alla UE un contributo maggiore nella seconda fase del processo, quella che si svolge dopo lo sbarco dei migranti.
Secondo fonti governative, l’Italia starebbe prendendo in considerazione la possibilità di vietare l’approdo nei suoi porti alle navi battenti bandiere di altri Stati e impegnate nelle operazioni di soccorso. Sulla legalità di una mossa del genere sono al lavoro i servizi giuridici della Commissione.
Quel che l’Italia sicuramente non può fare, almeno non senza un voto unanime dei 28 Stati membri della UE, è modificare il mandato delle missioni comunitarie al largo delle coste italiane: Triton – che si concentra sul controllo delle frontiere marittime dell’Unione, compresa l’attività di Search & Rescue – e Sophia, che ha l’obiettivo specifico di contrastare il traffico di esseri umani.
In questo periodo, su questi temi, mettere d’accordo tutti gli Stati UE è impensabile. Per cui la rappresentanza italiana avrebbe dovuto ripiegare sulla chiusura parziale dei porti. Ma questo comporta a sua volta una serie di nodi logistici e politici difficili da sciogliere, per non parlare delle conseguenze di ordine etico e umanitario. Tra le imbarcazioni che dovrebbero organizzarsi per allungare le traversate fino ai porti stranieri ci sono quelle di svariate ONG, ma anche quelle messe a disposizione dai governi degli Stati che aderiscono alle operazioni Triton e Sophia.
È innegabile che il problema esista e che sia grave. Lo avevano riconosciuto già la settimana scorsa, in una conferenza stampa comune alla fine del Consiglio Europeo, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della Francia Emmanuel Macron. Ma è la prima volta che l’Italia affronta la questione in termini così perentori.
“L’iniziativa dell’Italia è giusta e opportuna”, scrive in una nota il senatore PD Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa a Palazzo Madama. E se la decisione sarà “formalizzata”, “aiuterà a gestire una situazione che rischia di essere insostenibile”.
“Fermo restando la priorità di salvare vite umane”, continua il documento, “l’accoglienza non può che essere un impegno condiviso da tutti i Paesi europei anche perché, oltre un certo limite, sarebbe assai difficile garantire i minimi requisiti di dignità e di rispetto della persona”.
F.M.R.
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