Mentre a Milano si aggiungono tre nuovi arresti (di cui due dirigenti del comune) nell’ambito dell’inchiesta del 2015 sui “lingotti d’oro”di Palazzo Marino, a Napoli non è stata l’amministrazione ma la sanità pubblica ad essere finita nel mirino dei pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Enrica Parascandolo. In questo caso, l’accusa è di presunta tangenti versate per appalti dell’azienda ospedaliera Santobono-Pausillipon da parte della Manutencoop.
Il caso di Milano: mazzette da 100mila euro, orologi e lingotti d’oro. Lo scandalo di Palazzo Marino è scoppiato in realtà ben due anni fa e riguardava il settore dell’edilizia scolastica e dei cantieri di alcune case popolari. Ma da allora le indagini non si sono fermate, e gli inquirenti hanno continuato ad aggiungere sempre nuovi tasselli del puzzle. A finire in manette questa mattina sono stati Massimiliano Ascione, titolare di una posizione organizzativa al Comune, e i due dirigenti Stanislao Innocente e Armando Lomutolo. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, i tre indagati “hanno consentito, tra l’altro, di pilotare l’aggiudicazione di alcune gare di appalto bandite a favore del Consorzio Milanese Scarl e delle imprese sue associate”, si legge in una nota della procura, che cita anche “due casi di accertati di concussione”.
Ad confermare tutto agli inquirenti sarebbe stato l’imprenditore Marco Volpi, – finito in carcere nel 2015 per associazione per delinquere con l’ex dirigente Mario Luigi Grillone e gli impiegati Giuseppe Amoroso e Angelo Russo. Proprio Volpi, avrebbe dichiarato di aver consegnato 100mila euro in contanti su costrizione di Ascione per i certificati di stabilità riguardanti l’edilizia pubblica.
A settembre del 2015, quando si era aperta l’inchiesta sul giro di tangenti che girava intorno a oltre sette appalti per la manutenzione delle scuole e delle case Aler della città, i militari del Nucleo di polizia tributaria della Gdf avevano trovato durante le perquisizioni un vero e proprio tesoro nascosto: trentadue lingotti d’oro da un kg, del valore di 32mila euro ciascuno e per un totale di oltre un milione di euro. Sequestrati all’epoca anche 520mila euro in contanti, 19 orologi di pregio e oltre 120 monili e oggetti d’oro.
Ma la lotta alla corruzione non si limita al comune di Milano. Sempre questa mattina, a Napoli sono state accolte dalla Procura almeno 10 ordinanze: una sola di custodia in carcere nei confronti dell’infermiere Giorgio Poziello, cinque ai domiciliari, fra i quali l’avvocato Guglielmo Manna, marito della giudice Anna Scognamiglio, già coinvolta nel filone sulle presunte induzioni indebite alla vigilia della decisione sul l’applicazione della legge Severino al governatore Vincenzo De Luca, e quattro di obbligo di soggiorno, fra i quali figura l’imprenditore napoletano Pietro Coci.
Secondo quanto avrebbe affermato Coci, alla Manutencoop quella di pagare tangenti per ottenere gli appalti era una “prassi”. Tanto è vero che si era stabilito anche un “costo” fisso e cioè tra il 2 e il 2,5 per cento del prezzo di aggiudicazione. Nel maggio del 2016, Coci, si era presentato spontaneamente in Procura e aveva riferito di aver ricevuto una richiesta di tangente del 4% da Poziello e di averne poi parlato con due dirigenti della Manutencoop. Questi, gli avrebbero confermato la prassi “senza colpo ferire” e “senza fare una piega”, aggiungendo però che la prassi era quella di pagare sistematicamente, nel settore degli appalti pubblici, “il 2, 2,5 per cento del prezzo di aggiudicazione e non il 4 per cento”.
Finiti agli arresti domiciliari anche Pasquale Arace, dirigente Sicurezza, prevenzione e protezione dell’azienda Santobono e Gaetano Russo, impiegato. Sotto accusa anche Umberto Accettulo, direttore amministrativo dell’Adisu Orientale, Parthenope e Federico II e il geometra Pasquale Greco anche se per un altro filone d’indagine, gli appalti di pulizia e facchinaggio nelle università.
P.M.
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